PAOLA PRESCIUTTINI

La Spezia: arsenale e lazzaretto

 

 

  L’arsenale navale di La Spezia e il Lazzaretto del Varignano

 

     Le origini dell’Arsenale risalgono ai primi del XIX secolo, quando la Repubblica Ligure viene annessa all’ Impero Napoleonico nel 1805.

     Si studia allora la fattibilitā di un Porto Militare e di un Arsenale per la costruzione e la manutenzione delle navi da realizzarsi nel Golfo.

    La località prescelta č la sponda occidentale nella parte compresa fra Portovenere e le Grazie, che si trova sotto la diretta protezione del Forte S. Maria, risalente all’inizio del Seicento, e quelli da costruire al Tino, alla Palmaria e alla Castellana.

     La Spezia, allora cittadina di 3.100 abitanti, con decreto Imperiale dell’11 maggio 1808 viene dichiarata porto militare e vengono avviati i lavori di costruzione della strada per Portovenere e del Forte della Castellana (1811).

 

L’area del Varignano da Matteo VinzoniIl Dominio della Serenissima Repubblica di Genova in terraferma, 1773.

 

E’ un’edizione anastatica in 2010 copie dell’Istituto Geografico De Agostini, pubblicata nel 1959 in occasione del cinquantenario (1905-1955) della Compagnia Imprese Elettriche Liguri (C.I.E.L.I.), (coll.priv.)


L’originale, in due volumi, si trova presso la Biblioteca Civica Berio di Genova

     I rilievi topografici della Castellana sono effettuati dal sottotenente del Genio Militare Francese Agostino Chiodo che utilizza per la prima volta il metodo delle curve di livello per rappresentare sulla carta i rilievi montuosi.

     Il crollo dell’impero napoleonico comporta l’occupazione della cittā da parte di truppe austriache, mentre nel marzo 1814 la flotta anglo-napoletana espugna e distrugge il Forte S. Maria, presidiato da sessantotto Francesi.

    Il congresso di Vienna (1815) assegna i territori della repubblica Ligure al regno di Sardegna e, per trent’anni, non si parla pių di Arsenale a La Spezia, perché il porto militare di Genova appare adeguato alle esigenze del piccolo Regno.

 

(La fortezza di Santa Maria,

dall’atlante di Matteo Vinzoni 

 

     A Genova (1847- 1851) viene costruito dal colonnello del Genio Damiano Sauli un bacino in muratura, il primo in Italia, per il raddobbo delle navi; il progressivo sovraffollamento di quel porto, in co-uso fra la Marina militare e quella mercantile, diventa ben presto un problema che si sarebbe manifestato in tutta la sua gravità in occasione dell’imbarco della spedizione in Crimea.

     Si pensa, allora, di risolvere quel problema spostando la base navale nel Golfo di La Spezia. Viene istituita una Commissione di studio con a capo l’amm. D’Arcollieres che propone il progetto elaborato dal col. Sauli. Ma la vicinanza del confine con il Granducato di Toscana e gli interessi economici in gioco costituiscono gravi motivi d’opposizione al progetto, che prevede la nuova base navale e l’Arsenale nella stessa zona già presa in esame dai Francesi.

     Cavour appoggia l’idea, che meglio risponde alle necessità della Nazione, prima come Ministro della Marina, Industria e Agricoltura (1850) poi, come Presidente del Consiglio e Ministro delle Finanze (1853), affidando ad un tecnico imparziale e competente, l’inglese Rendel, l’esame della situazione del Porto di Genova e del progetto Sauli di costruire un Arsenale alle Grazie.

     La Rivista Marittima del 1869 pubblicò una relazione del maggiore del Genio E. Gonnet sul trasferimento dell’Arsenale navale nel porto di La Spezia: la questione – scrive il Relatore – fu presentata al Parlamento all’inizio di gennaio 1852 e il progetto fu assegnato all’ing. Rendel, presidente dell’Associazione degli Ingegneri Civili della Gran Bretagna. Questi l’anno successivo sottopose il suo elaborato al Governo italiano, unito a una dettagliata relazione che tra l’altro individuava nel seno del Varignano la sede più atta all’impianto

Il progetto dell’ing. Rendel, 1:300, datato 16 febbraio 1854,
tra il seno delle Grazie e il seno del Varignano, con legenda esplicativa dei diversi impianti

     La guerra di Crimea (1853) e gli eventi politici di quegli anni ritarderanno la presentazione della legge attuativa del Progetto Rendel fino al febbraio 1857; la discussione nelle aule della Camera e del Senato porterā al varo ed alla promulgazione della legge soltanto il 4 luglio 1857.

     La legge sanziona il trasferimento della Marina Militare e la costruzione dell’Arsenale al Varignano. Nel 1858 si dà inizio al alcune opere e si completano i progetti. Ma la guerra, l’annessione della Lombardia, della Toscana e delle province meridionali e lo straordinario incremento della flotta portano l’allora capitano Domenico Chiodo (che raggiungerà il grado di generale) a sostenere la necessità di realizzare l’opera nella piana adiacente la città di La Spezia.

 

Il progetto del Chiodo, 1:10.000, dal seno di Panigaglia con lo stabilimento delle polveri, all’arsenale adiacente alla città di La Spezia, fino al cantiere di San Bartolomeo (Rivista Marittima, 1869)

Cavour lo incarica di stendere un progetto di massima e viene personalmente a La Spezia a farselo illustrare (aprile 1860). Per verificare le condizioni geologiche del terreno vengono eseguite bel 88 trivellazioni. Il progetto definitivo č approvato e la legge attuativa viene promulgata il 28 luglio 1861.

Esso prevede che l’Arsenale sia costituito da:

a) una zona dedicata alle costruzioni con tre scali lunghi 120 metri, sei scali lunghi 100 metri, tettoie, fabbricati per uffici, magazzini ed officine; (l’area destinata alle costruzioni č quella a sinistra della congiungente la Porta Principale e il canale fra le darsene);

b) una zona dedicata all’allestimento ed al raddobbo delle navi con:

· due bacini lunghi 110 metri e profondi 9,15 metri;

· due bacini lunghi 132 metri e profondi 9,15 metri;

· sei bacini lunghi 150 metri e profondi 9,15 metri;

· una darsena con sponde murate profonde 9,05 m, larga 200 m e lunga 600 m.

c) Una zona dedicata all’armamento marinaresco e ai depositi di carbone con:

· l’edificio della veleria e i magazzini del carbone;

· una darsena con sponde murate profonda 9,15 m, larga 200 m e lunga 420 m.

     Si passa alla realizzazione: i lavori di scavo subacqueo vengono consegnati alla ditta appaltatrice il 21 aprile 1862; il 13 agosto si consegnano le opere murarie e gli scavi all’asciutto. Questi ultimi prevedono un movimento complessivo di terra di tre milioni di metri cubi.

     L’impresa appaltatrice unica, di G. Pietro Bolla, impiegherà nel primo anno di lavori una media giornaliera di 870 persone. Ma dopo neppure un anno si dichiara impossibilitata a procedere nei lavori .Questi sono quindi appaltati alla ditta Rosazza Magnani, che costruisce i primi quattro bacini.

     Contemporaneamente (14 aprile 1862) viene avviata la costruzione del Cantiere San Bartolomeo, il deposito delle polveri a Panigaglia (Ditta Colombo e De Scalzi della Spezia) e l’officina di artiglieria a San Vito (Ditta Ing. Metello Lapini).

     I lavori di scavo subacqueo per l’avamporto vengono effettuati con cava-fanghi a vapore installati su pontoni. Gli scavi per le darsene ed i bacini vengono eseguiti all’asciutto: con i badili, picconi e le carriole si smuove la terra, la si trasporta ai vagoncini ferroviari e poi la si utilizza per colmare le calate di Marola; il movimento di terra č di circa 2000 metri cubi al giorno.

     Raggiunta una discreta profondità, si apre al mare la prima darsena per poter impiegare i cava-fanghi e raggiungere i 10 metri sotto il livello del mare.

     Quando l’impresa appaltatrice fallisce, il Genio Militare, sotto la direzione del colonnello Chiodo, si carica della direzione e l’organizzazione dei lavori affidati ora a più imprese.

     Sarà il Chiodo a far costruire lo scalo a Fezzano per la manutenzione dei mezzi navali e, sempre lui, a suggerire ed imporre alle varie imprese le tecniche di lavoro, in modo da addestrare manodopera nazionale a realizzare tutto quello per cui si era ricorso all’estero.

     Gravi difficoltà e ritardi saranno causati dall’alluvione che colpirà La Spezia nell’autunno 1863, e dal colera che mieterà numerose vittime nel 1866- 1867.

     L’orario di lavoro č in funzione della luce: da mezz’ora dopo l’alba a mezz’ora dopo il tramonto. Nei bacini si scava con badili e si porta la terra nei pressi della bocca dove una draga la solleva sul piazzale. Oltre agli operai delle imprese appaltatrici lavorano, come č costume, anche i detenuti di due bagni penali.

     Per preparare il calcestruzzo, con il quale saranno gettate le platee e i muri di sponda dei bacini, si utilizza la terra vulcanica detta pozzolana, che rende idraulico il calcestruzzo, importata da Roma e da Pozzuoli.

     Il lavoro č particolarmente impegnativo perché enorme č la quantità del materiale da mescolare, trasportare e gettare per ottenere spessori fino a quattro metri: si mescola a mano o con le prime impastatrici meccaniche, con vagoncini si trasporta il cemento nei pressi del bacino in costruzione e qui, con tramogge scorrevoli, mosse a mano con paranchi, si porta il carico nel punto voluto e lo si versa, poco meno di un metro cubo alla volta.

     Per i soli bacini si scavano 500.000 metri cubi di terra, si versano 100.000 metri cubi di calcestruzzo, si costruiscono 80.000 metri cubi di muro, si lastricano 15.000 metri cubi con pietra concia di Baveno. Si utilizza pietra calcare del Tino e della Palmaria, arenaria di Biassa e di Punta Mesco, granito del Garda. I mattoni sono cotti con l’argilla del posto, la sabbia utilizzata č quella locale e quella della foce del Magra. L’Arsenale viene ufficialmente inaugurato il 28 agosto 1869 e, a fine anno, il bacino n.4 accoglierà la Corazzata San Martino per il carenaggio.

     Intorno alla darsena e ai bacini vengono costruiti 8 km. di strade e 6 km. di rete ferroviaria, oltre venti fabbricati e tettoie per officine, uffici e depositi.

     Le strade sono in terra battuta, i piazzali sono lastricati, i pavimenti delle officine sono realizzati in legno. Non esiste l’energia elettrica e le macchine utensili sono mosse da lunghe cinghie in cuoio che prendono movimento da alberi posti lungo i muri longitudinali delle officine, messi in rotazione da macchine alternative a vapore.

     La costruzione dell’Arsenale continuerà per oltre quarant’anni e, mentre si procede con i lavori, si comincia con la costruzione delle navi: vengono impostate le Cannoniere “Sentinella” e “Guardiano” progettate dal Brin e varate nel 1874, poi la Corazzata “Dandolo” varata nel 1878 e la Corazzata “Doria”, gli Incrociatori “Montebello” e “Monzambano”.

     Anche la tecnica navale evolve: le prime navi sono in legno, poi con la corazzatura esterna e via via con scafo in ferro e in acciaio.

     Anche le dimensioni mutano e così si allungano gli scali, si allarga il canale fra le due darsene (1914), si costruiscono i grandi bacini 5 e 6, si completano i banchinamenti e le darsene, si installa la mancina idraulica (1878) da 160 tonnellate per montare a bordo le artiglierie, e si costruisce la vasca navale per le esperienze idrodinamiche (1867- 1889).

     La vita dell’Arsenale č sempre stata strettamente legata al progresso. Qui sono stati compiuti gli esperimenti di Guglielmo Marconi e sono stati costruiti il primo sommergibile, i primi aerei ed i primi idrovolanti. Nel 1936 sarà simulato il primo massiccio attacco aereo.

     Quando, nel corso della II Guerra Mondiale, la fortezza č violata, l’Arsenale verrà notevolmente danneggiato ed i fabbricati saranno ridotti a un cumulo di macerie. La ricostruzione sarà intensa nel dopoguerra ma ancora oggi lo stabilimento č in continua evoluzione per stare al passo con l’evolversi delle esigenze.

                                                         ——————————————-

                                                             Il Varignano

(da Pietro Fulgenzio Ferro, Varignano (Portovenere): cenni storici, La Spezia 1930, dattiloscritto, p. 75.

     Il fascicolo – conservato a La Spezia presso il Comando Incursori e a Genova presso la Biblioteca dell’Istituto Idrografico della Marina – ripercorre le vicende nel territorio del Varignano dalle origini agli anni Trenta del secolo scorso).

     Le più antiche notizie sul Varignano si desumono da documenti del secolo XI, relativi a donazioni fondiarie degli Obertenghi al monastero di Santa Maria e san Venerio.

Il toponimo deriva probabilmente da un’antica radice “var-” con il significato di acqua (da cui il nome dei fiumi Varo, Varrone e Vara, oppure di Varese sul fiume Olona, o di Varenna sul lago di Como), unito a “Janus“, eponimo dei Liguri, come a dire “mare di Giano” oppure “luogo sul mare di Giano”.

     In epoca incerta ma probabilmente nel II secolo a. C., i Romani sottrassero ai Liguri il golfo di Luni, che certamente divenne un porto ambito per la sua posizione riparata. Le coste subirono poi le invasioni di Rotari, dei Normanni, dei Saraceni; divennero possedimento dei Bizantini, dei Longobardi, dei Franchi e probabilmente del Papato mentre, sul finire del secolo XI, la Repubblica di Genova vi estese il suo dominio.

Il lazzaretto del Varignano, da Il Dominio della Serenissima Repubblica di Genova in terraferma cit.

Il Varignano, tra le punte foranee del Pezzino e di Santa Maria, anticamente era noto anche come “Lazzaretto” per via della struttura realizzata dalla Repubblica di Genova per la quarantena delle merci e degli equipaggi in attesa di libera circolazione nel territorio dello Stato. Un lazzaretto esisteva a Genova già dal 1463 presso la foce del Bisagno, ma la zona era troppo esposta alle mareggiate, che spesso impedivano la movimentazione delle merci.

     Il progetto del nuovo complesso nel golfo di La Spezia incontrò l’opposizione della popolazione locale, come pure dei mercanti della Toscana e di Milano, che si adoperarono per ottenere il veto imperiale.

     La costruzione fu tuttavia approvata e prese il via nel 1724: comprendeva due edifici per l’isolamento di cose e persone, due cappelle e un grandioso palazzo destinato ad alloggio per il Commissario direttore del lazzaretto, dei suoi dipendenti e dei rispettivi familiari.

     Con la sua posizione isolata rispose adeguatamente alle esigenze della piccola Repubblica ma, sul finire del secolo successivo, divenuta La Spezia porto movimentato, sede di arsenale navale e nodo ferroviario, la presenza di un lazzaretto era quanto mai pericolosa. La struttura fu quindi trasformata e destinata ad alloggiare il Comando di Difesa Marittima, mentre il lazzaretto veniva trasferito nell’isola dell’Asinara, dove entrò in funzione nel 1886.

 

     Ulteriori notizie sull’Arsenale, come pure sul Museo Navale e in genere sulla presenza della Marina a La Spezia, nel supplemento alla Rivista Marittima di giugno 2005, dal titolo La Marina Militare a La Spezia, di Enrico Alderotti, ricco di fotografie d’epoca.

La Spezia: arsenale e lazzaretto

 

 

  L’arsenale navale di La Spezia e il Lazzaretto del Varignano

 

     Le origini dell’Arsenale risalgono ai primi del XIX secolo, quando la Repubblica Ligure viene annessa all’ Impero Napoleonico nel 1805.

     Si studia allora la fattibilitā di un Porto Militare e di un Arsenale per la costruzione e la manutenzione delle navi da realizzarsi nel Golfo.

    La località prescelta č la sponda occidentale nella parte compresa fra Portovenere e le Grazie, che si trova sotto la diretta protezione del Forte S. Maria, risalente all’inizio del Seicento, e quelli da costruire al Tino, alla Palmaria e alla Castellana.

     La Spezia, allora cittadina di 3.100 abitanti, con decreto Imperiale dell’11 maggio 1808 viene dichiarata porto militare e vengono avviati i lavori di costruzione della strada per Portovenere e del Forte della Castellana (1811).

 

L’area del Varignano da Matteo VinzoniIl Dominio della Serenissima Repubblica di Genova in terraferma, 1773.

 

E’ un’edizione anastatica in 2010 copie dell’Istituto Geografico De Agostini, pubblicata nel 1959 in occasione del cinquantenario (1905-1955) della Compagnia Imprese Elettriche Liguri (C.I.E.L.I.), (coll.priv.)


L’originale, in due volumi, si trova presso la Biblioteca Civica Berio di Genova

     I rilievi topografici della Castellana sono effettuati dal sottotenente del Genio Militare Francese Agostino Chiodo che utilizza per la prima volta il metodo delle curve di livello per rappresentare sulla carta i rilievi montuosi.

     Il crollo dell’impero napoleonico comporta l’occupazione della cittā da parte di truppe austriache, mentre nel marzo 1814 la flotta anglo-napoletana espugna e distrugge il Forte S. Maria, presidiato da sessantotto Francesi.

    Il congresso di Vienna (1815) assegna i territori della repubblica Ligure al regno di Sardegna e, per trent’anni, non si parla pių di Arsenale a La Spezia, perché il porto militare di Genova appare adeguato alle esigenze del piccolo Regno.

 

(La fortezza di Santa Maria,

dall’atlante di Matteo Vinzoni 

 

     A Genova (1847- 1851) viene costruito dal colonnello del Genio Damiano Sauli un bacino in muratura, il primo in Italia, per il raddobbo delle navi; il progressivo sovraffollamento di quel porto, in co-uso fra la Marina militare e quella mercantile, diventa ben presto un problema che si sarebbe manifestato in tutta la sua gravità in occasione dell’imbarco della spedizione in Crimea.

     Si pensa, allora, di risolvere quel problema spostando la base navale nel Golfo di La Spezia. Viene istituita una Commissione di studio con a capo l’amm. D’Arcollieres che propone il progetto elaborato dal col. Sauli. Ma la vicinanza del confine con il Granducato di Toscana e gli interessi economici in gioco costituiscono gravi motivi d’opposizione al progetto, che prevede la nuova base navale e l’Arsenale nella stessa zona già presa in esame dai Francesi.

     Cavour appoggia l’idea, che meglio risponde alle necessità della Nazione, prima come Ministro della Marina, Industria e Agricoltura (1850) poi, come Presidente del Consiglio e Ministro delle Finanze (1853), affidando ad un tecnico imparziale e competente, l’inglese Rendel, l’esame della situazione del Porto di Genova e del progetto Sauli di costruire un Arsenale alle Grazie.

     La Rivista Marittima del 1869 pubblicò una relazione del maggiore del Genio E. Gonnet sul trasferimento dell’Arsenale navale nel porto di La Spezia: la questione – scrive il Relatore – fu presentata al Parlamento all’inizio di gennaio 1852 e il progetto fu assegnato all’ing. Rendel, presidente dell’Associazione degli Ingegneri Civili della Gran Bretagna. Questi l’anno successivo sottopose il suo elaborato al Governo italiano, unito a una dettagliata relazione che tra l’altro individuava nel seno del Varignano la sede più atta all’impianto

Il progetto dell’ing. Rendel, 1:300, datato 16 febbraio 1854,
tra il seno delle Grazie e il seno del Varignano, con legenda esplicativa dei diversi impianti

     La guerra di Crimea (1853) e gli eventi politici di quegli anni ritarderanno la presentazione della legge attuativa del Progetto Rendel fino al febbraio 1857; la discussione nelle aule della Camera e del Senato porterā al varo ed alla promulgazione della legge soltanto il 4 luglio 1857.

     La legge sanziona il trasferimento della Marina Militare e la costruzione dell’Arsenale al Varignano. Nel 1858 si dà inizio al alcune opere e si completano i progetti. Ma la guerra, l’annessione della Lombardia, della Toscana e delle province meridionali e lo straordinario incremento della flotta portano l’allora capitano Domenico Chiodo (che raggiungerà il grado di generale) a sostenere la necessità di realizzare l’opera nella piana adiacente la città di La Spezia.

 

Il progetto del Chiodo, 1:10.000, dal seno di Panigaglia con lo stabilimento delle polveri, all’arsenale adiacente alla città di La Spezia, fino al cantiere di San Bartolomeo (Rivista Marittima, 1869)

Cavour lo incarica di stendere un progetto di massima e viene personalmente a La Spezia a farselo illustrare (aprile 1860). Per verificare le condizioni geologiche del terreno vengono eseguite bel 88 trivellazioni. Il progetto definitivo č approvato e la legge attuativa viene promulgata il 28 luglio 1861.

Esso prevede che l’Arsenale sia costituito da:

a) una zona dedicata alle costruzioni con tre scali lunghi 120 metri, sei scali lunghi 100 metri, tettoie, fabbricati per uffici, magazzini ed officine; (l’area destinata alle costruzioni č quella a sinistra della congiungente la Porta Principale e il canale fra le darsene);

b) una zona dedicata all’allestimento ed al raddobbo delle navi con:

· due bacini lunghi 110 metri e profondi 9,15 metri;

· due bacini lunghi 132 metri e profondi 9,15 metri;

· sei bacini lunghi 150 metri e profondi 9,15 metri;

· una darsena con sponde murate profonde 9,05 m, larga 200 m e lunga 600 m.

c) Una zona dedicata all’armamento marinaresco e ai depositi di carbone con:

· l’edificio della veleria e i magazzini del carbone;

· una darsena con sponde murate profonda 9,15 m, larga 200 m e lunga 420 m.

     Si passa alla realizzazione: i lavori di scavo subacqueo vengono consegnati alla ditta appaltatrice il 21 aprile 1862; il 13 agosto si consegnano le opere murarie e gli scavi all’asciutto. Questi ultimi prevedono un movimento complessivo di terra di tre milioni di metri cubi.

     L’impresa appaltatrice unica, di G. Pietro Bolla, impiegherà nel primo anno di lavori una media giornaliera di 870 persone. Ma dopo neppure un anno si dichiara impossibilitata a procedere nei lavori .Questi sono quindi appaltati alla ditta Rosazza Magnani, che costruisce i primi quattro bacini.

     Contemporaneamente (14 aprile 1862) viene avviata la costruzione del Cantiere San Bartolomeo, il deposito delle polveri a Panigaglia (Ditta Colombo e De Scalzi della Spezia) e l’officina di artiglieria a San Vito (Ditta Ing. Metello Lapini).

     I lavori di scavo subacqueo per l’avamporto vengono effettuati con cava-fanghi a vapore installati su pontoni. Gli scavi per le darsene ed i bacini vengono eseguiti all’asciutto: con i badili, picconi e le carriole si smuove la terra, la si trasporta ai vagoncini ferroviari e poi la si utilizza per colmare le calate di Marola; il movimento di terra č di circa 2000 metri cubi al giorno.

     Raggiunta una discreta profondità, si apre al mare la prima darsena per poter impiegare i cava-fanghi e raggiungere i 10 metri sotto il livello del mare.

     Quando l’impresa appaltatrice fallisce, il Genio Militare, sotto la direzione del colonnello Chiodo, si carica della direzione e l’organizzazione dei lavori affidati ora a più imprese.

     Sarà il Chiodo a far costruire lo scalo a Fezzano per la manutenzione dei mezzi navali e, sempre lui, a suggerire ed imporre alle varie imprese le tecniche di lavoro, in modo da addestrare manodopera nazionale a realizzare tutto quello per cui si era ricorso all’estero.

     Gravi difficoltà e ritardi saranno causati dall’alluvione che colpirà La Spezia nell’autunno 1863, e dal colera che mieterà numerose vittime nel 1866- 1867.

     L’orario di lavoro č in funzione della luce: da mezz’ora dopo l’alba a mezz’ora dopo il tramonto. Nei bacini si scava con badili e si porta la terra nei pressi della bocca dove una draga la solleva sul piazzale. Oltre agli operai delle imprese appaltatrici lavorano, come č costume, anche i detenuti di due bagni penali.

     Per preparare il calcestruzzo, con il quale saranno gettate le platee e i muri di sponda dei bacini, si utilizza la terra vulcanica detta pozzolana, che rende idraulico il calcestruzzo, importata da Roma e da Pozzuoli.

     Il lavoro č particolarmente impegnativo perché enorme č la quantità del materiale da mescolare, trasportare e gettare per ottenere spessori fino a quattro metri: si mescola a mano o con le prime impastatrici meccaniche, con vagoncini si trasporta il cemento nei pressi del bacino in costruzione e qui, con tramogge scorrevoli, mosse a mano con paranchi, si porta il carico nel punto voluto e lo si versa, poco meno di un metro cubo alla volta.

     Per i soli bacini si scavano 500.000 metri cubi di terra, si versano 100.000 metri cubi di calcestruzzo, si costruiscono 80.000 metri cubi di muro, si lastricano 15.000 metri cubi con pietra concia di Baveno. Si utilizza pietra calcare del Tino e della Palmaria, arenaria di Biassa e di Punta Mesco, granito del Garda. I mattoni sono cotti con l’argilla del posto, la sabbia utilizzata č quella locale e quella della foce del Magra. L’Arsenale viene ufficialmente inaugurato il 28 agosto 1869 e, a fine anno, il bacino n.4 accoglierà la Corazzata San Martino per il carenaggio.

     Intorno alla darsena e ai bacini vengono costruiti 8 km. di strade e 6 km. di rete ferroviaria, oltre venti fabbricati e tettoie per officine, uffici e depositi.

     Le strade sono in terra battuta, i piazzali sono lastricati, i pavimenti delle officine sono realizzati in legno. Non esiste l’energia elettrica e le macchine utensili sono mosse da lunghe cinghie in cuoio che prendono movimento da alberi posti lungo i muri longitudinali delle officine, messi in rotazione da macchine alternative a vapore.

     La costruzione dell’Arsenale continuerà per oltre quarant’anni e, mentre si procede con i lavori, si comincia con la costruzione delle navi: vengono impostate le Cannoniere “Sentinella” e “Guardiano” progettate dal Brin e varate nel 1874, poi la Corazzata “Dandolo” varata nel 1878 e la Corazzata “Doria”, gli Incrociatori “Montebello” e “Monzambano”.

     Anche la tecnica navale evolve: le prime navi sono in legno, poi con la corazzatura esterna e via via con scafo in ferro e in acciaio.

     Anche le dimensioni mutano e così si allungano gli scali, si allarga il canale fra le due darsene (1914), si costruiscono i grandi bacini 5 e 6, si completano i banchinamenti e le darsene, si installa la mancina idraulica (1878) da 160 tonnellate per montare a bordo le artiglierie, e si costruisce la vasca navale per le esperienze idrodinamiche (1867- 1889).

     La vita dell’Arsenale č sempre stata strettamente legata al progresso. Qui sono stati compiuti gli esperimenti di Guglielmo Marconi e sono stati costruiti il primo sommergibile, i primi aerei ed i primi idrovolanti. Nel 1936 sarà simulato il primo massiccio attacco aereo.

     Quando, nel corso della II Guerra Mondiale, la fortezza č violata, l’Arsenale verrà notevolmente danneggiato ed i fabbricati saranno ridotti a un cumulo di macerie. La ricostruzione sarà intensa nel dopoguerra ma ancora oggi lo stabilimento č in continua evoluzione per stare al passo con l’evolversi delle esigenze.

                                                         ——————————————-

                                                             Il Varignano

(da Pietro Fulgenzio Ferro, Varignano (Portovenere): cenni storici, La Spezia 1930, dattiloscritto, p. 75.

     Il fascicolo – conservato a La Spezia presso il Comando Incursori e a Genova presso la Biblioteca dell’Istituto Idrografico della Marina – ripercorre le vicende nel territorio del Varignano dalle origini agli anni Trenta del secolo scorso).

     Le più antiche notizie sul Varignano si desumono da documenti del secolo XI, relativi a donazioni fondiarie degli Obertenghi al monastero di Santa Maria e san Venerio.

Il toponimo deriva probabilmente da un’antica radice “var-” con il significato di acqua (da cui il nome dei fiumi Varo, Varrone e Vara, oppure di Varese sul fiume Olona, o di Varenna sul lago di Como), unito a “Janus“, eponimo dei Liguri, come a dire “mare di Giano” oppure “luogo sul mare di Giano”.

     In epoca incerta ma probabilmente nel II secolo a. C., i Romani sottrassero ai Liguri il golfo di Luni, che certamente divenne un porto ambito per la sua posizione riparata. Le coste subirono poi le invasioni di Rotari, dei Normanni, dei Saraceni; divennero possedimento dei Bizantini, dei Longobardi, dei Franchi e probabilmente del Papato mentre, sul finire del secolo XI, la Repubblica di Genova vi estese il suo dominio.

Il lazzaretto del Varignano, da Il Dominio della Serenissima Repubblica di Genova in terraferma cit.

Il Varignano, tra le punte foranee del Pezzino e di Santa Maria, anticamente era noto anche come “Lazzaretto” per via della struttura realizzata dalla Repubblica di Genova per la quarantena delle merci e degli equipaggi in attesa di libera circolazione nel territorio dello Stato. Un lazzaretto esisteva a Genova già dal 1463 presso la foce del Bisagno, ma la zona era troppo esposta alle mareggiate, che spesso impedivano la movimentazione delle merci.

     Il progetto del nuovo complesso nel golfo di La Spezia incontrò l’opposizione della popolazione locale, come pure dei mercanti della Toscana e di Milano, che si adoperarono per ottenere il veto imperiale.

     La costruzione fu tuttavia approvata e prese il via nel 1724: comprendeva due edifici per l’isolamento di cose e persone, due cappelle e un grandioso palazzo destinato ad alloggio per il Commissario direttore del lazzaretto, dei suoi dipendenti e dei rispettivi familiari.

     Con la sua posizione isolata rispose adeguatamente alle esigenze della piccola Repubblica ma, sul finire del secolo successivo, divenuta La Spezia porto movimentato, sede di arsenale navale e nodo ferroviario, la presenza di un lazzaretto era quanto mai pericolosa. La struttura fu quindi trasformata e destinata ad alloggiare il Comando di Difesa Marittima, mentre il lazzaretto veniva trasferito nell’isola dell’Asinara, dove entrò in funzione nel 1886.

 

     Ulteriori notizie sull’Arsenale, come pure sul Museo Navale e in genere sulla presenza della Marina a La Spezia, nel supplemento alla Rivista Marittima di giugno 2005, dal titolo La Marina Militare a La Spezia, di Enrico Alderotti, ricco di fotografie d’epoca.