PAOLA PRESCIUTTINI

Forte San Giorgio

Le fortificazioni genovesi

La storia del Forte San Giorgio e del bastione su cui esso si poggia si inserisce nelle travagliate vicende di Genova, dalla Repubblica all’annessione al Regno di Sardegna, fino all’unità nazionale.

Per la sua posizione a ridosso di alte colline digradanti verso il mare, che proteggono l’ampia insenatura naturale, la città è stata sempre teatro di operazioni mercantili e militari. Il nucleo originario attorno all’attuale Molo Vecchio era già fortificato in epoca romana e le cinte si susseguirono nei secoli (1) finché, come riferisce l’annalista Agostino Giustiniani, un ampliamento delle cosiddette “Mura del Barbarossa” , del 1346, interessa il settore occidentale, da Sant’Agnese a Montegalletto fino alla dorsale di Oregina.  L’intitolazione a San Giorgio, dello sperone su cui poggia un vertice di quella cinta, risale agli anni successivi al 1540, con l’erezione delle “Mura Vecchie” (2), alle quali seguiranno le “Mura Nuove” nel XVII secolo.

In quell’epoca il Piemonte, impegnato in una politica espansionistica che richiede l’accesso al mare, non può che nutrire aspirazioni alla conquista di Genova. Nel 1625 l’esercito piemontese muove all’attacco; pertanto, lungo l’ideale linea difensiva sulle alture retrostanti la città si predispone un tracciato fortificato con trincee, muri a secco e barricate, che costituisce il percorso della nuova cinta, innalzata tra il 1626 e il 1636.

La muraglia, di oltre 12 km, sale dalla Lanterna  fino al Monte Peralto, a 490 m slm, per ridiscendere lungo il crinale sulla riva destra del torrente Bisagno, e ancora oggi cinge tutt’attorno la città, come una logora cintura di pietra grigia, che si snoda tra  le imponenti fortezze innalzate nei due secoli successivi a dominare il porto e le valli retrostanti.  Entrambe le cerchie hanno un andamento irregolare dettato dall’ aspra orografia locale , e comune ai bastioni è il superamento dei dislivelli mediante terrapieni a scarpa ripida, con soprastante spesso parapetto: il punto di innesto di quest’ultimo è segnato da un cordolo a  sezione semicircolare in mattone rosso nelle mura cinquecentesche, mentre nelle “Mura Nuove” è in pietra piccata.

 Come racconta C. Bruzzo (3), gli scavi sono condotti da rompitori che utilizzano il pietrame di risulta, legato con malta di calce, per la costruzione della muratura. Il mattone è impiegato, oltre che per il cordolo, anche per le guardiole collocate agli angoli del recinto e per il repascimento  della muraglia, che generalmente ha uno spessore di circa 50 cm (4).

 
Il baluardo di San Giorgio

Sul versante occidentale la cinta cinquecentesca inizia a Porta San Tommaso, abbattuta con l’omonimo adiacente complesso ecclesiastico nel 1842, per consentire l’apertura di  via Carlo Alberto– oggi via Gramsci – e la sistemazione della circostante area urbana. A  nord della Porta si innalza il bastione di San Michele, abbattuto verso la metà dell’Ottocento per fare posto allo scalo ferroviario di Piazza (Porta) Principe, di cui la prima tratta Genova-Torino sarà inaugurata nel 1854.

Una robusta cortina rettilinea lo collega al bastione di San Giorgio, dal quale le mura scendono a levante nel fossato di Sant’Ugo per risalire lungo la dorsale di Montegalletto, verso l’omonimo baluardo (5) sul quale, nel 1886, sorgerà il Castello d’Albertis. San Giorgio è un bastione possente con un’alta scarpa scoscesa dal saliente smussato a N, un ampio orecchione rivolto a SW seguito da una breve cortina di raccordo con la congiungente verso San Michele, e un vistoso musone sul lato SE, raccordato alla cortina verso Montegalletto. I fianchi misurano, dal saliente all’apice dell’orecchione, circa 63 metri e, dal saliente al musone, circa 62 metri. L’altezza del parapetto sul terreno circostante è oggi di circa 26 metri al musone e di oltre  25 metri all’orecchione, mentre l’altezza media sul versante di ponente è di circa 23 metri.

Immediatamente a sud del bastiona compaiono, sulla pianta nella fig. 12, due piccoli edifici “T”, utilizzati come magazzini per polvere da sparo, sorvegliati da un drappello di soldati forse mercenari, alloggiati nei locali edificati sul bastione. Così informa nella sua relazione (6) Giulio Pallavicini che illustra lo stato deplorevole delle fortificazioni e i provvedimenti adottati contro abitanti di case adiacenti ai bastioni, che utilizzano come pollai o magazzini i locali adiacenti alle cortine, o adibiscono a terreni coltivi gli spiazzi sottostanti le mura, così da ostacolare  il transito delle artiglierie. Egli fa anche riferimento a un   monastero, non facilmente individuabile perché nella zona ne sorgono parecchi che giocheranno un ruolo nel futuro assetto della zona e avranno un ruolo nelle vicende del Forte San Giorgio (7).

I bastioni della cinta cinquecentesca decadono al ruolo minore di polveriere e come tali sono citati nei documenti d’archivio fino alla metà del Settecento (8), mentre dagli atti della Camera del Governo si desume che alle polveriere si effettuano periodici inventari delle polveri per verificarne lo stato oppure accertarne l’effettiva consistenza (9).

Con l’instaurazione della repubblica filo napoleonica il Governo  francese requisisce molti immobili tra i quali, dopo la soppressione degli enti religiosi, svariati monasteri, da adibire a usi militari e governativi (10).

Al 1818 risale presumibilmente una guida manoscritta di Genova dove i bastioni sono definiti, dopo l’avvento dell’artiglieria, un “puro e semplice ornamento”, mentre i monasteri sono ancora citati come tali, sebbene nel 1818 debbano essere già adibiti ad usi militari, venendo pertanto ad esercitare un peso sulla decisione sabauda di innalzare un forte proprio sul bastione  San Giorgio.  Tra questi particolare rilevanza eserciterà il Monastero di Santa Teresa.

Il 9 novembre 1816, infatti, nel disciolto convento era stata istituita la Regia Scuola di Marina, secondo il disposto del Regolamento per la Marina Militare del 1° ottobre 1815 (11). Essa è anche dotata di un osservatorio astronomico, collocato in una torretta ad ovest del grandioso edificio con ampio cortile interno, affacciato sul quartiere di Balbi e di Prè, e sul porto.

Il Governo delibera dunque la costruzione di un forte nel perimetro del bastione, che risulta essere stato nel frattempo occupato da un tale Gio Batta Tagliafico, il quale ha ricavato la propria abitazione nella precedente ridotta militare, utilizzando le preesistenti piazze d’armi a terreni coltivi (12).

Un ‘’piano geometrico’’ del bastione, eseguito nel 1818, indica la “casa civile in massima parte ricostruita …  e il giardino in due porzioni …” che si articola su due livelli, assecondando l’orografia locale. La porzione più elevata è delimitata dal muro di contenimento, a scarpa moderata. L’area tratteggiata sul rilievo indica la galleria interrata che, dal giardino inferiore, sale al terreno soprastante, superando un dislivello di circa 10 metri. Sebbene sul rilievo non figurino – forse perché esso è inteso a rappresentare il solo comprensorio occupato dal Tagliafico, al fine di espropriarlo – tale galleria è fiancheggiata da ambo i lati da altre due gallerie pianeggianti, di cui quella di ponente, come si vedrà, acquisterà una rilevanza particolare.

Interessanti documenti riferiscono di indagini riservate volte ad accertare possibili danni erariali (13), mentre una raccolta di disegni (14) illustra la possibile realizzazione di una Reggia, che sarebbe  “particolarmente protetta per la posizione soprelevata del sito”.

Presso l’ Istituto Storico e di Cultura dell’Arma del Genio – ISCAG sono conservati cinque disegni di progetti elaborati tra il 1821 e il 1828, che riportano il forte in pianta e in sezione, evidenziando le opere nuove. Particolarmente significativo è il disegno del 15 settembre 1821 (15) che riporta in tratteggio le gallerie cinquecentesche, in grigio le opere realizzate e in nero le opere da realizzare: sul parapetto di NE figurano i vani, tuttora esistenti, scavati nel parapetto al di sotto del cordolo.

Un successivo disegno del 1° dicembre 1821  (16) riporta il forte in costruzione, con la strada che scende fino al Fossato di Sant’Ugo e lo collega alla Caserma della Neve, che ‘’si è temporaneamente collegata al Forte, per fornire alloggio alla truppa  in esso distaccata’’, dal che si deduce che nel Forte prestasse servizio un congruo numero di militari, anche se non si sono trovate indicazioni in questo senso.

Nel disegno del 20 novembre 1828 (17) il Forte appare ultimato e sono evidenti le imboccature delle due gallerie di cui quella esterna, pianeggiante, ospita il Corpo di Guardia mentre quella più interna collega lo spiazzo inferiore alla piazza d’armi superiore. Su entrambi i varchi sono evidenti le caditoie, in tutto simili a quelle esistenti sulla Torre Specola, edificata in quegli stessi anni nel comprensorio del Forte Castellaccio con analoghi fini difensivi rispetto alla popolazione locale.

Intanto, dopo il Congresso di Vienna, il Governo sabaudo decide di determinare la consistenza dei conventi confiscati all’Autorità religiosa e convertiti ad usi militari dall’Autorità napoleonica.  Presso l’Archivio di Stato di Genova (18) si conservano le distinte di tali accertamenti, che citano il Forte San Giorgio, collegato allo Spedale della Neve per la Real Marina, e la Scuola di Marina, di cui si valuta il valore, detratte le spese per manutenzione e migliorie. Contemporaneamente si verificano le condizioni delle pertinenze militari e si deliberano interventi di manutenzione.

Nel frattempo si controlla l’ordine pubblico, intervenendo contro le occupazioni abusive di terreni demaniali di pertinenza delle fortificazioni, e si denuncia la presenza di case di malaffare che “arrecano inconveniente per la disciplina della truppa’’.  Lunghe vertenze si trascinano per anni tra fittavoli contigui per servitù di transito, o per lo sfruttamento dei liquami provenienti dagli scoli del forte, che vanno ad accrescere la produttività dei terreni e quindi il valore delle proprietà (19). Al 1845 risale una lunga relazione sulle condizioni generali e sull’efficacia delle difese di mare e di terra, alla quale è allegata la descrizione dei singoli Forti compreso San Giorgio, di cui però non si precisa la capacità ricettiva, mentre invece se ne elencano le diverse bocche da fuoco e relative munizioni (20). Per qualche anno ancora si predispongono lavori di risanamento e potenziamento alle fortificazioni e, in particolare,  si amplia la polveriera già costruita lungo la cortina che scenda da San Giorgio (21); ma dopo l’esito infausto della Prima Guerra d’Indipendenza il popolo in rivolta assalta il Forte che, nei disegni dell’epoca appare semidiroccato, e resta inutilizzato per diversi anni.

 

Forte San Giorgio dal 1860 a oggi

Dal 1852 in poi si esaminano diverse  ipotesi di riutilizzo: una caserma per gli Zappatori del Genio; un articolato complesso di edifici militari che dal Forte raggiungerebbe la costa; persino il trasferimento nel Forte del Polverificio del Lagaccio, al fine sia di ‘’fare sparire lo sconcio delle attuali rovine, sia di togliere il pericolo dei disastri che potrebbero succedere … nel recinto della Polveriera del Lagaccio’’ (22).

Nel 1857 il Ministro di Guerra e Marina, Alfonso La Marmora, chiede al Genio Militare di elaborare un progetto di riallestimento, nel Forte, della Scuola di Marina, coprendo le spese con  la vendita di altri fabbricati; il collegio ha infatti  perso la piena visibilità dell’orizzonte con lo sviluppo edilizio delle aree sottostanti e richiede quindi un osservatorio astronomico con vista aperta sul mare.

L’anno successivo il progetto è all’esame del Ministro, unito tuttavia a una relazione negativa circa l’effettiva utilità di tale trasferimento, essenzialmente perché la conformazione del Forte non consentirebbe alloggi adeguati per gli allievi né sarebbe sufficiente l’approvvigionamento idrico.

La Scuola di Marina potenzierà quindi le proprie strutture interne e resterà nel comprensorio di Santa Teresa fino all’unificazione, nella Accademia Navale di Livorno nel 1881, delle scuole navali preunitarie.

A giugno 1858 il Consiglio del Genio Militare presieduto dal gen. Domenico Chiodo approva la costruzione del solo Osservatorio e pone alla  direzione della fabbrica   Simone Pacoret di Saint Bon, già responsabile della torre-osservatorio esistente presso la Scuola di Marina e futuro Ministro della Marina.

forte89 Osservatorio Astronomico ad uso del R. Collegio di Marina da erigersi sull’area del demolito Forte San Giorgio, scala 1:200, 12 settembre 1858. (AS Torino, Marina, Materiali, mazzo 460)

Il progetto definitivo, approvato nel settembre 1859,  prevede la realizzazione dell’osservatorio sul saliente settentrionale del bastione cinquecentesco, oltre a sale per osservazioni, magazzini, uffici e alloggi per il personale, ricavati nel parapetto occidentale del bastione.

Nell’ufficio del direttore sarà collocato – nel 1904 – un affresco di G. Pennasilico, raffigurante l’ammiraglio Giovan Battista Magnaghi , fondatore dell’Istituto Idrografico della Marina, in occasione della commemorazione dell’Ufficiale, a due anni dalla morte.  Si tratta quindi di un’opera di pregio ignota al mondo dell’arte.

 

forte98

Progetto compilato il 24 aprile 1859 e approvato il 15 settembre, scala 1:200, in due fogli. Sul foglio I in due figure sono evidenti i pilastri di sostegno degli strumenti dell’Osservatorio; l’ampio alloggio del direttore sull’orecchione; le rampe ascendenti protette da muri spessi; l’alloggio del custode, ora ricavato nel tamburo adiacente alla cortina verso mare; e il secondo ingresso al piazzale inferiore della strada che proviene da Oregina (AS di Torino, Marina, Materiali, mazzo 460)

 

Successivamente  la Direzione dell’Istituto  sarà spostata nell’edificio  realizzato nel periodo tra  le due guerre   nell’antica piazza d’armi  inferiore, e il locale con l’affresco sarà utilizzato come magazzino.

L’osservatorio è collocato in una sala in muratura intonacata di bianco, con volta a botte e l’esterno a sezione rettangolare, di circa 7,7 m di lato, alta al colmo 6,8 m. Le spesse pareti sono attraversate da aperture meridiane larghe solo 60 cm, che rendevano quasi impossibile lo scambio termico tra l’esterno e l’interno, provocando un’eccessiva irradiazione del calore .

Un ulteriore inconveniente era rappresentato dalle vibrazioni prodotte dalla ferrovia, alla base della collina su cui era stato edificato il Forte, che comprometteva il corretto funzionamento del circolo meridiano di Ertel,  montato su due monoliti di granito, che non assicuravano tuttavia l’immobilità del mercurio nell’orizzonte artificiale.

Alla direzione dell’osservatorio era stato designato Luigi Maria Silvestro Carnera, titolare della cattedra di astronomia presso l’Istituto Idrografico dal 1910 al 1918, il quale, in una relazione sugli strumenti astronomici presso l’Istituto Idrografico,  riferisce di “espedienti diversi” per migliorare le prestazioni dell’osservatorio. Tra questi fu evidentemente sperimentato  il carbone di legna, per le sue proprietà igroscopiche e isolanti  (23).

Nei primi anni Novanta si è infatti scoperto, mettendo a confronto le planimetrie di due livelli sovrapposti, un locale murato, inaccessibile e pertanto invisibile, di circa 180 metri cubi, sottostante l’osservatorio alle spalle della galleria cinquecentesca che corre all’interno del muraglione occidentale, sotto la linea del cordolo, e in origine raggiungeva il saliente: dagli antichi disegni di progetto si evince che in origine essa misurava circa 28 metri di lunghezza x circa 6 di larghezza, mentre oggi risulta tamponata con andamento obliquo, per una lunghezza media di circa 23 metri; il vano murato retrostante misura dunque circa metri 5 x 6, per un’altezza di circa 6 metri, all’interno del quale alcuni carotaggi hanno evidenziato la presenza di un imprecisato quantitativo di carbone.

 

 

Il vano è attraversato in verticale da due tubi metallici  di circa 30 cm di diametro, che raggiungono l’osservatorio in corrispondenza dei pilastri di sostegno degli strumenti, ed è quindi probabile che alloggiassero i pendoli dello strumento per misurare le altezze menzionato da L. Carnera, al riparo da ogni perturbazione .

Con decreto del 26 dicembre 1872 si fonda l’Ufficio Idrografico (ridenominato “Istituto” nel 1899 con R.D. 499/1899), analogo agli enti cartografici  esistenti presso le altre nazioni marinare, e i compiti dell’Ufficio Scientifico si dilatano   e richiedono spazi ulteriori per uffici e laboratori.

Dalla documentazione fotografica disponibile si desume che nel 1916 il versante occidentale dall’orecchione al saliente è stato soprelevato di due piani, mentre gli edifici adiacenti all’osservatorio si accrescono di un piano, e la piazza d’armi inferiore è occupata da un edificio a due piani che ingloba  il parapetto dell’antico musone .

Contemporaneamente si sbanca l’area a valle del Forte dove, entro il 1930, saranno completate due palazzine che accoglieranno alloggi e magazzini, mentre sarà costruita una carrozzabile che collegherà il nuovo  cancello di accesso al comprensorio con l’ingresso dell’edificio nel soprastante piazzale .

Ulteriori soprelevazioni e aggiunte saranno realizzate negli anni successivi secondo necessità contingenti senza un progetto d’insieme, cosicché l’attuale edificio si è sviluppato per accostamenti successivi di corpi di fabbrica separati, via via che si manifestavano esigenze logistiche ulteriori .

Dopo l’armistizio  nel comprensorio si insedia il Comando tedesco  e si realizza un rifugio antiaereo con vie d’ingresso e di fuga in posizioni strategiche: si tratta di una  galleria rivestita di cemento armato che si snoda attraverso l’intero comprensorio a una profondità variabile di 10-15 metri sotto il piano di calpestio dello stesso. A circa 60 metri dall’imbocco, in corrispondenza del soprastante ingresso all’edificio principale, la galleria si dirama in tre bracci che sboccano sui diversi versanti con aperture  che oggi sono ovviamente tamponate.

Mentre il grosso dei materiali, della strumentazione e del personale è ”sfollato” a Baveno e Stresa, nella fortezza rimane uno sparuto gruppo di militari e civili, agli ordini del capitano di fregata Carlo Unger von Lowenberg, lucchese, e del suo Secondo, capitano di corvetta Silvio Fellner, triestino.  I due Ufficiali – decorati al valore – già sospettati di collusione con le truppe partigiane, sono effettivamente in contatto con le forze della Resistenza del Ponente Ligure; a seguito di un ordine di ripiegamento delle locali  forze di mare in caso di sbarco alleato, impartito da von  Lowenberg, alla Capitaneria di Sanremo, i due vengono arrestati il 18 agosto del 1944 e, alle ore 1 dell’indomani, sono fucilati nella “piazzetta” superiore (24, 25). Guido Levi (26) è l’autore delle due schede ad essi dedicate nel Dizionario della Resistenza in Liguria (27). A Silvio Fellner è stata intitolata la pittoresca salita mattonata che da corso Firenze sale a via Paride Salvago.

Dopo la guerra dipendenti  e materiali – già sfollati sul Lago Maggiore – rientrano in sede  e si riprendono le attività  istituzionali, ma l’osservatorio cade in disuso e viene convertito prima in refettorio e poi in legatoria. Nei primi anni Sessanta  la galleria ascendente che collega le due piazze d’armi  viene trasformata in gradinata, le residue  aree a cielo aperto vengono coperte così da ricavare piccoli locali adibiti a magazzini, mentre  l’edificio principale, di colore rosso pompeiano, viene innalzato di un piano raccordato con scale interne alle soprelevazioni che guardano sulla piazzetta superiore : una ricavata in un precedente cavedio ora coperto, l’altra realizzata in aderenza all’antica muraglia del musone cinquecentesco. Ancora modesti interventi di manutenzione e adattamento saranno attuati negli anni Novanta ma ormai l’evoluzione tecnologica ha ridimensionato le costanti passate carenze strutturali e logistiche,  e al comprensorio non vengono apportate altre modifiche.

 

 

Nella fotografia sono  evidenti due  speroni di rinforzo, all’esterno del muraglione a scarpa, costruiti tra il 1930 e il 1931. Sono in cemento armato dello spessore di oltre un metro per un’altezza di oltre 21 metri, e distano l’uno dall’altro 3,7 metri. Se ne è evidentemente resa necessaria la posa in  opera per contrastare la spinta  orizzontale del bastione, aumentata  per effetto del carico cui è stato sottoposto  il piazzale  superiore con le superfetazioni dei corpi di fabbrica circostanti.

 

 

Novembre 2021.  In P. Presciuttini  op.cit.  la descrizione circostanziata del Forte, frutto di indagini sul campo, con riferimenti puntuali sia alla documentazione conservata presso l’Istituto Idrografico, sia ai fondi individuati presso gli AS di Genova, Torino e Roma, e presso l’ISCAG

NOTE

  1. Presso l’Archivio Topografico del Comune di Genova, inv. 1899, una planimetria prospettica indica lo sviluppo urbano entro le diverse cinte anteriori alle “Mura Nuove” secentesche
  2. C. Quarenghi, Ricerche storiche illustrate sulle fortificazioni di Genova, 1875
  3. C. Bruzzo, Capitolato, contratti e ordinamento dei lavori per la costruzione delle mura di Genova nel 1630-32. Sta in Atti della Società Ligure di Storia Patria, LXIV, 1935
  4. Nel volume L’Istituto Idrografico della Marina in Forte San Giorgio (Paola Presciuttini, Genova, Istituto Idrografico della Marina, 1995), pag. 27, la fig. 11 riproduce “Figure schematiche per spiegare i termini di fortificazione indicati nel testo”, da C. Bruzzo cit.
  5. Paola Presciuttini , op. cit., p. 29, fig. 12. Presso l’Archivio di Stato di Torino (Fondo carte topografiche segrete, Carte del Genovesato, sala 22, n. 10) un disegno non datato, ma ascrivibile alla metà del Seicento, delinea le “Mura Vecchie” con i baluardi di San Michele e San Giorgio, e “i siti stati assegnati … alle R.de Monache di nostra Sig.ra della neve” che, in epoca napoleonica, ospiteranno una polveriera.
  6. Ms 364, Archivio Storico del Comune di Genova, che raccoglie un voluminoso repertorio di documenti governativi, copiati e assemblati dallo storico Giulio Pallavicini. Tra questi la Relazione sulle fortificazioni 1606 die quarta Januarii, in 10 fogli, sullo stato di conservazione delle mura.
  7. Tra questi il Monastero di Santa Teresa, edificato nel 1616, adibito a Scuola di Marina dal 1817 al 1881 e poi assegnato alla  Guardia di Finanza nel 1912;  il Monastero della Neve, costruito nel 1625,  convertito in Ospedale della R. Marina e poi in caserma in epoca sabauda; e il Monastero dello Spirito Santo, istituito nel 1612  e  poi trasformato in Arsenale di Terra.
  8. Archivio di Stato di Genova, Camera, n°1220
  9. ASG, Magistrato di Guerra e Marina, Sala Foglietta n°540
  10. ASG, Prefettura francese, n°705
  11. Tale Regolamento … è conservato presso la Biblioteca dell’Istituto Idrografico della Marina
  12. Paola Presciuttini , op. cit., p. 63, fig. 34. Il disegno – ISCAG. FT 1/D 41 – indica il nome del Tagliafico e l’uso che egli fa del bastione,  e  chiama quest’ultimo ‘’Montegalletto’, che in effetti è il nome del bastione successivo verso levante, sul quale sorgerà il Castello D’Albertis a fine secolo.
  13. Paola Presciuttini , op. cit., p. 66, fig. 36
  14. Paola Presciuttini , op. cit., p. 68, fig. 38-39
  15. Paola Presciuttini , op. cit., p. 73-73, fig. 41
  16. Paola Presciuttini , op. cit., p. 74, fig. 42
  17. Paola Presciuttini , op. cit., p. 83, fig. 46, ISCAG , FT 1/D, 37
  18. ASG, Prefettura Sarda n. 298
  19. ASG, Prefettura di Genova, busta n. 18
  20. Biblioteca Reale, Torino, Fondo Saluzzo
  21. I disegni che attestano interventi, ampliamenti e demolizioni si trovano nella Prefettura Sarda cit., presso la Soprintendenza Archeologica … e  presso l’ISCAG. Cfr Paola Presciuttini , op. cit., p. 118-123
  22. Paola Presciuttini , op. cit., p.134-156
  23. Luigi Maria Silvestro Carnera, di Giuseppe e di Maria Luigia Aite, nacque a Trieste nel 1875. Prestò servizio come “assistente” negli Osservatori di Torino,dal 1° marzo 1900; di Milano, dal 1° gennaio 1904; di Catania, dal 16 maggio 1910. Con il 1° agosto 1911, a seguito di apposito concorso, fu nominato – in via provvisoria – docente di Astronomia e Geodesia presso l’Istituto Idrografico della Marina, venendo confermato definitivamente nell’incarico a datare dal 1° agosto 1912. Durante il conflitto mondiale fu inviato a Valona, in Albania, per effettuare rilievi idrografici, una prima volta dal dicembre 1916 all’agosto 1917, e nuovamente nel mese di novembre 1917. Dal febbraio 1919 assunse per un anno l’incarico di direttore dell’Osservatorio presso il Comitato Talassografico a Trieste. Nel dicembre dello stesso anno fu nominato Cavaliere dell’Ordine dei S.S. Maurizio e Lazzaro.

    Fondamentale per la storia dell’Osservatorio dell’I.I.M. è il suo studio sui Metodi e strumenti usati presso l’Istituto Idrografico di Genova per conservare e segnalare l’ora, pubblicato negli Annali Idrografici (1923/10).

  24. Adriano Maini, Zolesio e l’opera di intelligence di Fellner e Unger di Löwenberg, su storiaminuta.altervista.org
  25. http://www.progettomontemoro.it/archivio%20ilsrec.htm
  26. https://www.ilsrec.it/guido-levi/
  27. Dizionario della Resistenza in Liguria, a cura di Franco Gimelli e Paolo Battifora, Genova 2008
Bibliografia
  • Alizeri F., Guida artistica per la città di Genova, Genova, Giov. Grondona, 1848.
  • Annali Idrografici, a cura dell’Istituto Idrografico della Marina
  • Bruzzo C., Capitolato, contratti e ordinamento dei lavori per la costruzione delle mura di Genova nel 1630-32, in Atti della Società Ligure di Storia Patria, LXIV, 1935.
  • Carnera Luigi, Metodi e strumenti usati presso l’Istituto Idrografico di Genova …, in Annali Idrografici, 10/1923.
  • Dellepiane R., Mura e fortificazioni di Genova, Genova, Nuova Editrice Genovese, 1984.
  • Di Paola L.,, L’Istituto Idrografico della Marina 1872-1972, Genova, a cura dell’Ufficio Storico della Marina e dell’IIM, 1972.
  • Dizionario della Resistenza in Liguria, a cura di Franco Gimelli e Paolo Battifora, De Ferrari, Genova 2008
  • Forti C. L.,, Le fortificazioni di Genova, Genova, Stringa, 1975.
  • Galuppini G., I cento anni dell’Istituto Idrografico della Marina 1873-1973, in Rivista Marittima, 2/1973.
  • Lorigiola G., Cronistoria documentata e illustrata dei fatti di Genova …, Genova, G.Palmieri e Figli (Biblioteca Universitaria di Genova,4.BB.IX.73), 1848.
  • Poleggi Ennio e Fiorella (a cura di), Guida manoscritta, ediz. critica, Genova, Sagep, 1969. (Biblioteca Universitaria di Genova, 5.P.V.36)
  • Presciuttini Paola, L’Istituto Idrografico della Marina in Forte San Giorgio, Genova, I.I.M., 1995.
  • Presciuttini Paola, 125 anni al servizio del Paese, Genova, I.I.M., 1998.
  • Quarenghi C., Ricerche storiche illustrate sulle fortificazioni di Genova, 1875.
  • Vigliero B.M., Dizionario delle strade di Genova, vol. 5, Genova, ECIG, 1986.

Forte San Giorgio

Le fortificazioni genovesi

La storia del Forte San Giorgio e del bastione su cui esso si poggia si inserisce nelle travagliate vicende di Genova, dalla Repubblica all’annessione al Regno di Sardegna, fino all’unità nazionale.

Per la sua posizione a ridosso di alte colline digradanti verso il mare, che proteggono l’ampia insenatura naturale, la città è stata sempre teatro di operazioni mercantili e militari. Il nucleo originario attorno all’attuale Molo Vecchio era già fortificato in epoca romana e le cinte si susseguirono nei secoli (1) finché, come riferisce l’annalista Agostino Giustiniani, un ampliamento delle cosiddette “Mura del Barbarossa” , del 1346, interessa il settore occidentale, da Sant’Agnese a Montegalletto fino alla dorsale di Oregina.  L’intitolazione a San Giorgio, dello sperone su cui poggia un vertice di quella cinta, risale agli anni successivi al 1540, con l’erezione delle “Mura Vecchie” (2), alle quali seguiranno le “Mura Nuove” nel XVII secolo.

In quell’epoca il Piemonte, impegnato in una politica espansionistica che richiede l’accesso al mare, non può che nutrire aspirazioni alla conquista di Genova. Nel 1625 l’esercito piemontese muove all’attacco; pertanto, lungo l’ideale linea difensiva sulle alture retrostanti la città si predispone un tracciato fortificato con trincee, muri a secco e barricate, che costituisce il percorso della nuova cinta, innalzata tra il 1626 e il 1636.

La muraglia, di oltre 12 km, sale dalla Lanterna  fino al Monte Peralto, a 490 m slm, per ridiscendere lungo il crinale sulla riva destra del torrente Bisagno, e ancora oggi cinge tutt’attorno la città, come una logora cintura di pietra grigia, che si snoda tra  le imponenti fortezze innalzate nei due secoli successivi a dominare il porto e le valli retrostanti.  Entrambe le cerchie hanno un andamento irregolare dettato dall’ aspra orografia locale , e comune ai bastioni è il superamento dei dislivelli mediante terrapieni a scarpa ripida, con soprastante spesso parapetto: il punto di innesto di quest’ultimo è segnato da un cordolo a  sezione semicircolare in mattone rosso nelle mura cinquecentesche, mentre nelle “Mura Nuove” è in pietra piccata.

 Come racconta C. Bruzzo (3), gli scavi sono condotti da rompitori che utilizzano il pietrame di risulta, legato con malta di calce, per la costruzione della muratura. Il mattone è impiegato, oltre che per il cordolo, anche per le guardiole collocate agli angoli del recinto e per il repascimento  della muraglia, che generalmente ha uno spessore di circa 50 cm (4).

 
Il baluardo di San Giorgio

Sul versante occidentale la cinta cinquecentesca inizia a Porta San Tommaso, abbattuta con l’omonimo adiacente complesso ecclesiastico nel 1842, per consentire l’apertura di  via Carlo Alberto– oggi via Gramsci – e la sistemazione della circostante area urbana. A  nord della Porta si innalza il bastione di San Michele, abbattuto verso la metà dell’Ottocento per fare posto allo scalo ferroviario di Piazza (Porta) Principe, di cui la prima tratta Genova-Torino sarà inaugurata nel 1854.

Una robusta cortina rettilinea lo collega al bastione di San Giorgio, dal quale le mura scendono a levante nel fossato di Sant’Ugo per risalire lungo la dorsale di Montegalletto, verso l’omonimo baluardo (5) sul quale, nel 1886, sorgerà il Castello d’Albertis. San Giorgio è un bastione possente con un’alta scarpa scoscesa dal saliente smussato a N, un ampio orecchione rivolto a SW seguito da una breve cortina di raccordo con la congiungente verso San Michele, e un vistoso musone sul lato SE, raccordato alla cortina verso Montegalletto. I fianchi misurano, dal saliente all’apice dell’orecchione, circa 63 metri e, dal saliente al musone, circa 62 metri. L’altezza del parapetto sul terreno circostante è oggi di circa 26 metri al musone e di oltre  25 metri all’orecchione, mentre l’altezza media sul versante di ponente è di circa 23 metri.

Immediatamente a sud del bastiona compaiono, sulla pianta nella fig. 12, due piccoli edifici “T”, utilizzati come magazzini per polvere da sparo, sorvegliati da un drappello di soldati forse mercenari, alloggiati nei locali edificati sul bastione. Così informa nella sua relazione (6) Giulio Pallavicini che illustra lo stato deplorevole delle fortificazioni e i provvedimenti adottati contro abitanti di case adiacenti ai bastioni, che utilizzano come pollai o magazzini i locali adiacenti alle cortine, o adibiscono a terreni coltivi gli spiazzi sottostanti le mura, così da ostacolare  il transito delle artiglierie. Egli fa anche riferimento a un   monastero, non facilmente individuabile perché nella zona ne sorgono parecchi che giocheranno un ruolo nel futuro assetto della zona e avranno un ruolo nelle vicende del Forte San Giorgio (7).

I bastioni della cinta cinquecentesca decadono al ruolo minore di polveriere e come tali sono citati nei documenti d’archivio fino alla metà del Settecento (8), mentre dagli atti della Camera del Governo si desume che alle polveriere si effettuano periodici inventari delle polveri per verificarne lo stato oppure accertarne l’effettiva consistenza (9).

Con l’instaurazione della repubblica filo napoleonica il Governo  francese requisisce molti immobili tra i quali, dopo la soppressione degli enti religiosi, svariati monasteri, da adibire a usi militari e governativi (10).

Al 1818 risale presumibilmente una guida manoscritta di Genova dove i bastioni sono definiti, dopo l’avvento dell’artiglieria, un “puro e semplice ornamento”, mentre i monasteri sono ancora citati come tali, sebbene nel 1818 debbano essere già adibiti ad usi militari, venendo pertanto ad esercitare un peso sulla decisione sabauda di innalzare un forte proprio sul bastione  San Giorgio.  Tra questi particolare rilevanza eserciterà il Monastero di Santa Teresa.

Il 9 novembre 1816, infatti, nel disciolto convento era stata istituita la Regia Scuola di Marina, secondo il disposto del Regolamento per la Marina Militare del 1° ottobre 1815 (11). Essa è anche dotata di un osservatorio astronomico, collocato in una torretta ad ovest del grandioso edificio con ampio cortile interno, affacciato sul quartiere di Balbi e di Prè, e sul porto.

Il Governo delibera dunque la costruzione di un forte nel perimetro del bastione, che risulta essere stato nel frattempo occupato da un tale Gio Batta Tagliafico, il quale ha ricavato la propria abitazione nella precedente ridotta militare, utilizzando le preesistenti piazze d’armi a terreni coltivi (12).

Un ‘’piano geometrico’’ del bastione, eseguito nel 1818, indica la “casa civile in massima parte ricostruita …  e il giardino in due porzioni …” che si articola su due livelli, assecondando l’orografia locale. La porzione più elevata è delimitata dal muro di contenimento, a scarpa moderata. L’area tratteggiata sul rilievo indica la galleria interrata che, dal giardino inferiore, sale al terreno soprastante, superando un dislivello di circa 10 metri. Sebbene sul rilievo non figurino – forse perché esso è inteso a rappresentare il solo comprensorio occupato dal Tagliafico, al fine di espropriarlo – tale galleria è fiancheggiata da ambo i lati da altre due gallerie pianeggianti, di cui quella di ponente, come si vedrà, acquisterà una rilevanza particolare.

Interessanti documenti riferiscono di indagini riservate volte ad accertare possibili danni erariali (13), mentre una raccolta di disegni (14) illustra la possibile realizzazione di una Reggia, che sarebbe  “particolarmente protetta per la posizione soprelevata del sito”.

Presso l’ Istituto Storico e di Cultura dell’Arma del Genio – ISCAG sono conservati cinque disegni di progetti elaborati tra il 1821 e il 1828, che riportano il forte in pianta e in sezione, evidenziando le opere nuove. Particolarmente significativo è il disegno del 15 settembre 1821 (15) che riporta in tratteggio le gallerie cinquecentesche, in grigio le opere realizzate e in nero le opere da realizzare: sul parapetto di NE figurano i vani, tuttora esistenti, scavati nel parapetto al di sotto del cordolo.

Un successivo disegno del 1° dicembre 1821  (16) riporta il forte in costruzione, con la strada che scende fino al Fossato di Sant’Ugo e lo collega alla Caserma della Neve, che ‘’si è temporaneamente collegata al Forte, per fornire alloggio alla truppa  in esso distaccata’’, dal che si deduce che nel Forte prestasse servizio un congruo numero di militari, anche se non si sono trovate indicazioni in questo senso.

Nel disegno del 20 novembre 1828 (17) il Forte appare ultimato e sono evidenti le imboccature delle due gallerie di cui quella esterna, pianeggiante, ospita il Corpo di Guardia mentre quella più interna collega lo spiazzo inferiore alla piazza d’armi superiore. Su entrambi i varchi sono evidenti le caditoie, in tutto simili a quelle esistenti sulla Torre Specola, edificata in quegli stessi anni nel comprensorio del Forte Castellaccio con analoghi fini difensivi rispetto alla popolazione locale.

Intanto, dopo il Congresso di Vienna, il Governo sabaudo decide di determinare la consistenza dei conventi confiscati all’Autorità religiosa e convertiti ad usi militari dall’Autorità napoleonica.  Presso l’Archivio di Stato di Genova (18) si conservano le distinte di tali accertamenti, che citano il Forte San Giorgio, collegato allo Spedale della Neve per la Real Marina, e la Scuola di Marina, di cui si valuta il valore, detratte le spese per manutenzione e migliorie. Contemporaneamente si verificano le condizioni delle pertinenze militari e si deliberano interventi di manutenzione.

Nel frattempo si controlla l’ordine pubblico, intervenendo contro le occupazioni abusive di terreni demaniali di pertinenza delle fortificazioni, e si denuncia la presenza di case di malaffare che “arrecano inconveniente per la disciplina della truppa’’.  Lunghe vertenze si trascinano per anni tra fittavoli contigui per servitù di transito, o per lo sfruttamento dei liquami provenienti dagli scoli del forte, che vanno ad accrescere la produttività dei terreni e quindi il valore delle proprietà (19). Al 1845 risale una lunga relazione sulle condizioni generali e sull’efficacia delle difese di mare e di terra, alla quale è allegata la descrizione dei singoli Forti compreso San Giorgio, di cui però non si precisa la capacità ricettiva, mentre invece se ne elencano le diverse bocche da fuoco e relative munizioni (20). Per qualche anno ancora si predispongono lavori di risanamento e potenziamento alle fortificazioni e, in particolare,  si amplia la polveriera già costruita lungo la cortina che scenda da San Giorgio (21); ma dopo l’esito infausto della Prima Guerra d’Indipendenza il popolo in rivolta assalta il Forte che, nei disegni dell’epoca appare semidiroccato, e resta inutilizzato per diversi anni.

 

Forte San Giorgio dal 1860 a oggi

Dal 1852 in poi si esaminano diverse  ipotesi di riutilizzo: una caserma per gli Zappatori del Genio; un articolato complesso di edifici militari che dal Forte raggiungerebbe la costa; persino il trasferimento nel Forte del Polverificio del Lagaccio, al fine sia di ‘’fare sparire lo sconcio delle attuali rovine, sia di togliere il pericolo dei disastri che potrebbero succedere … nel recinto della Polveriera del Lagaccio’’ (22).

Nel 1857 il Ministro di Guerra e Marina, Alfonso La Marmora, chiede al Genio Militare di elaborare un progetto di riallestimento, nel Forte, della Scuola di Marina, coprendo le spese con  la vendita di altri fabbricati; il collegio ha infatti  perso la piena visibilità dell’orizzonte con lo sviluppo edilizio delle aree sottostanti e richiede quindi un osservatorio astronomico con vista aperta sul mare.

L’anno successivo il progetto è all’esame del Ministro, unito tuttavia a una relazione negativa circa l’effettiva utilità di tale trasferimento, essenzialmente perché la conformazione del Forte non consentirebbe alloggi adeguati per gli allievi né sarebbe sufficiente l’approvvigionamento idrico.

La Scuola di Marina potenzierà quindi le proprie strutture interne e resterà nel comprensorio di Santa Teresa fino all’unificazione, nella Accademia Navale di Livorno nel 1881, delle scuole navali preunitarie.

A giugno 1858 il Consiglio del Genio Militare presieduto dal gen. Domenico Chiodo approva la costruzione del solo Osservatorio e pone alla  direzione della fabbrica   Simone Pacoret di Saint Bon, già responsabile della torre-osservatorio esistente presso la Scuola di Marina e futuro Ministro della Marina.

forte89 Osservatorio Astronomico ad uso del R. Collegio di Marina da erigersi sull’area del demolito Forte San Giorgio, scala 1:200, 12 settembre 1858. (AS Torino, Marina, Materiali, mazzo 460)

Il progetto definitivo, approvato nel settembre 1859,  prevede la realizzazione dell’osservatorio sul saliente settentrionale del bastione cinquecentesco, oltre a sale per osservazioni, magazzini, uffici e alloggi per il personale, ricavati nel parapetto occidentale del bastione.

Nell’ufficio del direttore sarà collocato – nel 1904 – un affresco di G. Pennasilico, raffigurante l’ammiraglio Giovan Battista Magnaghi , fondatore dell’Istituto Idrografico della Marina, in occasione della commemorazione dell’Ufficiale, a due anni dalla morte.  Si tratta quindi di un’opera di pregio ignota al mondo dell’arte.

 

forte98

Progetto compilato il 24 aprile 1859 e approvato il 15 settembre, scala 1:200, in due fogli. Sul foglio I in due figure sono evidenti i pilastri di sostegno degli strumenti dell’Osservatorio; l’ampio alloggio del direttore sull’orecchione; le rampe ascendenti protette da muri spessi; l’alloggio del custode, ora ricavato nel tamburo adiacente alla cortina verso mare; e il secondo ingresso al piazzale inferiore della strada che proviene da Oregina (AS di Torino, Marina, Materiali, mazzo 460)

 

Successivamente  la Direzione dell’Istituto  sarà spostata nell’edificio  realizzato nel periodo tra  le due guerre   nell’antica piazza d’armi  inferiore, e il locale con l’affresco sarà utilizzato come magazzino.

L’osservatorio è collocato in una sala in muratura intonacata di bianco, con volta a botte e l’esterno a sezione rettangolare, di circa 7,7 m di lato, alta al colmo 6,8 m. Le spesse pareti sono attraversate da aperture meridiane larghe solo 60 cm, che rendevano quasi impossibile lo scambio termico tra l’esterno e l’interno, provocando un’eccessiva irradiazione del calore .

Un ulteriore inconveniente era rappresentato dalle vibrazioni prodotte dalla ferrovia, alla base della collina su cui era stato edificato il Forte, che comprometteva il corretto funzionamento del circolo meridiano di Ertel,  montato su due monoliti di granito, che non assicuravano tuttavia l’immobilità del mercurio nell’orizzonte artificiale.

Alla direzione dell’osservatorio era stato designato Luigi Maria Silvestro Carnera, titolare della cattedra di astronomia presso l’Istituto Idrografico dal 1910 al 1918, il quale, in una relazione sugli strumenti astronomici presso l’Istituto Idrografico,  riferisce di “espedienti diversi” per migliorare le prestazioni dell’osservatorio. Tra questi fu evidentemente sperimentato  il carbone di legna, per le sue proprietà igroscopiche e isolanti  (23).

Nei primi anni Novanta si è infatti scoperto, mettendo a confronto le planimetrie di due livelli sovrapposti, un locale murato, inaccessibile e pertanto invisibile, di circa 180 metri cubi, sottostante l’osservatorio alle spalle della galleria cinquecentesca che corre all’interno del muraglione occidentale, sotto la linea del cordolo, e in origine raggiungeva il saliente: dagli antichi disegni di progetto si evince che in origine essa misurava circa 28 metri di lunghezza x circa 6 di larghezza, mentre oggi risulta tamponata con andamento obliquo, per una lunghezza media di circa 23 metri; il vano murato retrostante misura dunque circa metri 5 x 6, per un’altezza di circa 6 metri, all’interno del quale alcuni carotaggi hanno evidenziato la presenza di un imprecisato quantitativo di carbone.

 

 

Il vano è attraversato in verticale da due tubi metallici  di circa 30 cm di diametro, che raggiungono l’osservatorio in corrispondenza dei pilastri di sostegno degli strumenti, ed è quindi probabile che alloggiassero i pendoli dello strumento per misurare le altezze menzionato da L. Carnera, al riparo da ogni perturbazione .

Con decreto del 26 dicembre 1872 si fonda l’Ufficio Idrografico (ridenominato “Istituto” nel 1899 con R.D. 499/1899), analogo agli enti cartografici  esistenti presso le altre nazioni marinare, e i compiti dell’Ufficio Scientifico si dilatano   e richiedono spazi ulteriori per uffici e laboratori.

Dalla documentazione fotografica disponibile si desume che nel 1916 il versante occidentale dall’orecchione al saliente è stato soprelevato di due piani, mentre gli edifici adiacenti all’osservatorio si accrescono di un piano, e la piazza d’armi inferiore è occupata da un edificio a due piani che ingloba  il parapetto dell’antico musone .

Contemporaneamente si sbanca l’area a valle del Forte dove, entro il 1930, saranno completate due palazzine che accoglieranno alloggi e magazzini, mentre sarà costruita una carrozzabile che collegherà il nuovo  cancello di accesso al comprensorio con l’ingresso dell’edificio nel soprastante piazzale .

Ulteriori soprelevazioni e aggiunte saranno realizzate negli anni successivi secondo necessità contingenti senza un progetto d’insieme, cosicché l’attuale edificio si è sviluppato per accostamenti successivi di corpi di fabbrica separati, via via che si manifestavano esigenze logistiche ulteriori .

Dopo l’armistizio  nel comprensorio si insedia il Comando tedesco  e si realizza un rifugio antiaereo con vie d’ingresso e di fuga in posizioni strategiche: si tratta di una  galleria rivestita di cemento armato che si snoda attraverso l’intero comprensorio a una profondità variabile di 10-15 metri sotto il piano di calpestio dello stesso. A circa 60 metri dall’imbocco, in corrispondenza del soprastante ingresso all’edificio principale, la galleria si dirama in tre bracci che sboccano sui diversi versanti con aperture  che oggi sono ovviamente tamponate.

Mentre il grosso dei materiali, della strumentazione e del personale è ”sfollato” a Baveno e Stresa, nella fortezza rimane uno sparuto gruppo di militari e civili, agli ordini del capitano di fregata Carlo Unger von Lowenberg, lucchese, e del suo Secondo, capitano di corvetta Silvio Fellner, triestino.  I due Ufficiali – decorati al valore – già sospettati di collusione con le truppe partigiane, sono effettivamente in contatto con le forze della Resistenza del Ponente Ligure; a seguito di un ordine di ripiegamento delle locali  forze di mare in caso di sbarco alleato, impartito da von  Lowenberg, alla Capitaneria di Sanremo, i due vengono arrestati il 18 agosto del 1944 e, alle ore 1 dell’indomani, sono fucilati nella “piazzetta” superiore (24, 25). Guido Levi (26) è l’autore delle due schede ad essi dedicate nel Dizionario della Resistenza in Liguria (27). A Silvio Fellner è stata intitolata la pittoresca salita mattonata che da corso Firenze sale a via Paride Salvago.

Dopo la guerra dipendenti  e materiali – già sfollati sul Lago Maggiore – rientrano in sede  e si riprendono le attività  istituzionali, ma l’osservatorio cade in disuso e viene convertito prima in refettorio e poi in legatoria. Nei primi anni Sessanta  la galleria ascendente che collega le due piazze d’armi  viene trasformata in gradinata, le residue  aree a cielo aperto vengono coperte così da ricavare piccoli locali adibiti a magazzini, mentre  l’edificio principale, di colore rosso pompeiano, viene innalzato di un piano raccordato con scale interne alle soprelevazioni che guardano sulla piazzetta superiore : una ricavata in un precedente cavedio ora coperto, l’altra realizzata in aderenza all’antica muraglia del musone cinquecentesco. Ancora modesti interventi di manutenzione e adattamento saranno attuati negli anni Novanta ma ormai l’evoluzione tecnologica ha ridimensionato le costanti passate carenze strutturali e logistiche,  e al comprensorio non vengono apportate altre modifiche.

 

 

Nella fotografia sono  evidenti due  speroni di rinforzo, all’esterno del muraglione a scarpa, costruiti tra il 1930 e il 1931. Sono in cemento armato dello spessore di oltre un metro per un’altezza di oltre 21 metri, e distano l’uno dall’altro 3,7 metri. Se ne è evidentemente resa necessaria la posa in  opera per contrastare la spinta  orizzontale del bastione, aumentata  per effetto del carico cui è stato sottoposto  il piazzale  superiore con le superfetazioni dei corpi di fabbrica circostanti.

 

 

Novembre 2021.  In P. Presciuttini  op.cit.  la descrizione circostanziata del Forte, frutto di indagini sul campo, con riferimenti puntuali sia alla documentazione conservata presso l’Istituto Idrografico, sia ai fondi individuati presso gli AS di Genova, Torino e Roma, e presso l’ISCAG

NOTE

  1. Presso l’Archivio Topografico del Comune di Genova, inv. 1899, una planimetria prospettica indica lo sviluppo urbano entro le diverse cinte anteriori alle “Mura Nuove” secentesche
  2. C. Quarenghi, Ricerche storiche illustrate sulle fortificazioni di Genova, 1875
  3. C. Bruzzo, Capitolato, contratti e ordinamento dei lavori per la costruzione delle mura di Genova nel 1630-32. Sta in Atti della Società Ligure di Storia Patria, LXIV, 1935
  4. Nel volume L’Istituto Idrografico della Marina in Forte San Giorgio (Paola Presciuttini, Genova, Istituto Idrografico della Marina, 1995), pag. 27, la fig. 11 riproduce “Figure schematiche per spiegare i termini di fortificazione indicati nel testo”, da C. Bruzzo cit.
  5. Paola Presciuttini , op. cit., p. 29, fig. 12. Presso l’Archivio di Stato di Torino (Fondo carte topografiche segrete, Carte del Genovesato, sala 22, n. 10) un disegno non datato, ma ascrivibile alla metà del Seicento, delinea le “Mura Vecchie” con i baluardi di San Michele e San Giorgio, e “i siti stati assegnati … alle R.de Monache di nostra Sig.ra della neve” che, in epoca napoleonica, ospiteranno una polveriera.
  6. Ms 364, Archivio Storico del Comune di Genova, che raccoglie un voluminoso repertorio di documenti governativi, copiati e assemblati dallo storico Giulio Pallavicini. Tra questi la Relazione sulle fortificazioni 1606 die quarta Januarii, in 10 fogli, sullo stato di conservazione delle mura.
  7. Tra questi il Monastero di Santa Teresa, edificato nel 1616, adibito a Scuola di Marina dal 1817 al 1881 e poi assegnato alla  Guardia di Finanza nel 1912;  il Monastero della Neve, costruito nel 1625,  convertito in Ospedale della R. Marina e poi in caserma in epoca sabauda; e il Monastero dello Spirito Santo, istituito nel 1612  e  poi trasformato in Arsenale di Terra.
  8. Archivio di Stato di Genova, Camera, n°1220
  9. ASG, Magistrato di Guerra e Marina, Sala Foglietta n°540
  10. ASG, Prefettura francese, n°705
  11. Tale Regolamento … è conservato presso la Biblioteca dell’Istituto Idrografico della Marina
  12. Paola Presciuttini , op. cit., p. 63, fig. 34. Il disegno – ISCAG. FT 1/D 41 – indica il nome del Tagliafico e l’uso che egli fa del bastione,  e  chiama quest’ultimo ‘’Montegalletto’, che in effetti è il nome del bastione successivo verso levante, sul quale sorgerà il Castello D’Albertis a fine secolo.
  13. Paola Presciuttini , op. cit., p. 66, fig. 36
  14. Paola Presciuttini , op. cit., p. 68, fig. 38-39
  15. Paola Presciuttini , op. cit., p. 73-73, fig. 41
  16. Paola Presciuttini , op. cit., p. 74, fig. 42
  17. Paola Presciuttini , op. cit., p. 83, fig. 46, ISCAG , FT 1/D, 37
  18. ASG, Prefettura Sarda n. 298
  19. ASG, Prefettura di Genova, busta n. 18
  20. Biblioteca Reale, Torino, Fondo Saluzzo
  21. I disegni che attestano interventi, ampliamenti e demolizioni si trovano nella Prefettura Sarda cit., presso la Soprintendenza Archeologica … e  presso l’ISCAG. Cfr Paola Presciuttini , op. cit., p. 118-123
  22. Paola Presciuttini , op. cit., p.134-156
  23. Luigi Maria Silvestro Carnera, di Giuseppe e di Maria Luigia Aite, nacque a Trieste nel 1875. Prestò servizio come “assistente” negli Osservatori di Torino,dal 1° marzo 1900; di Milano, dal 1° gennaio 1904; di Catania, dal 16 maggio 1910. Con il 1° agosto 1911, a seguito di apposito concorso, fu nominato – in via provvisoria – docente di Astronomia e Geodesia presso l’Istituto Idrografico della Marina, venendo confermato definitivamente nell’incarico a datare dal 1° agosto 1912. Durante il conflitto mondiale fu inviato a Valona, in Albania, per effettuare rilievi idrografici, una prima volta dal dicembre 1916 all’agosto 1917, e nuovamente nel mese di novembre 1917. Dal febbraio 1919 assunse per un anno l’incarico di direttore dell’Osservatorio presso il Comitato Talassografico a Trieste. Nel dicembre dello stesso anno fu nominato Cavaliere dell’Ordine dei S.S. Maurizio e Lazzaro.

    Fondamentale per la storia dell’Osservatorio dell’I.I.M. è il suo studio sui Metodi e strumenti usati presso l’Istituto Idrografico di Genova per conservare e segnalare l’ora, pubblicato negli Annali Idrografici (1923/10).

  24. Adriano Maini, Zolesio e l’opera di intelligence di Fellner e Unger di Löwenberg, su storiaminuta.altervista.org
  25. http://www.progettomontemoro.it/archivio%20ilsrec.htm
  26. https://www.ilsrec.it/guido-levi/
  27. Dizionario della Resistenza in Liguria, a cura di Franco Gimelli e Paolo Battifora, Genova 2008
Bibliografia
  • Alizeri F., Guida artistica per la città di Genova, Genova, Giov. Grondona, 1848.
  • Annali Idrografici, a cura dell’Istituto Idrografico della Marina
  • Bruzzo C., Capitolato, contratti e ordinamento dei lavori per la costruzione delle mura di Genova nel 1630-32, in Atti della Società Ligure di Storia Patria, LXIV, 1935.
  • Carnera Luigi, Metodi e strumenti usati presso l’Istituto Idrografico di Genova …, in Annali Idrografici, 10/1923.
  • Dellepiane R., Mura e fortificazioni di Genova, Genova, Nuova Editrice Genovese, 1984.
  • Di Paola L.,, L’Istituto Idrografico della Marina 1872-1972, Genova, a cura dell’Ufficio Storico della Marina e dell’IIM, 1972.
  • Dizionario della Resistenza in Liguria, a cura di Franco Gimelli e Paolo Battifora, De Ferrari, Genova 2008
  • Forti C. L.,, Le fortificazioni di Genova, Genova, Stringa, 1975.
  • Galuppini G., I cento anni dell’Istituto Idrografico della Marina 1873-1973, in Rivista Marittima, 2/1973.
  • Lorigiola G., Cronistoria documentata e illustrata dei fatti di Genova …, Genova, G.Palmieri e Figli (Biblioteca Universitaria di Genova,4.BB.IX.73), 1848.
  • Poleggi Ennio e Fiorella (a cura di), Guida manoscritta, ediz. critica, Genova, Sagep, 1969. (Biblioteca Universitaria di Genova, 5.P.V.36)
  • Presciuttini Paola, L’Istituto Idrografico della Marina in Forte San Giorgio, Genova, I.I.M., 1995.
  • Presciuttini Paola, 125 anni al servizio del Paese, Genova, I.I.M., 1998.
  • Quarenghi C., Ricerche storiche illustrate sulle fortificazioni di Genova, 1875.
  • Vigliero B.M., Dizionario delle strade di Genova, vol. 5, Genova, ECIG, 1986.