PAOLA PRESCIUTTINI

Introduzione alle Meridiane

Limone Piemonte (CN)
Casa canonica
Quadrante affrescato nel 1985 con le ore del fuso orario dell’Etna

 

     Il sorgere e il tramontare del sole indica vano all’uomo primitivo solo l’avvicendarsi delgiorno e della notte. Poi qualcuno osservò il gioco delle lunghe ombre che, al sorgere, spostandosi lentamente diventavano sempre più corte fino al culminare del sole a mezzogiorno, e poi tornavano ad allungarsi sino al tramonto. Questo fenomeno suggerì ¡ qualcun altro di misurare il trascorrere del tempo con un rozzo bastone infisso nel terreno che, proiettando un’ombra, dette origine al primo rudimentale orologio solare.   

      Probabilmente apparso per la prima volta in Cina verso il 2670 a. C., lo strumento fu perfezionato dai Babilonesi e dagli Egizi: gli obelischi servivano infatti a calcolare il passare del tempo mediante l’ombra proiettata dal sole su una linea di riferimento determinata sul terreno.

     Egizio è il più antico orologio solare noto, il “merkhet” del XV sec. a. C., di cui un frammento è conservato presso il Museo Egizio di Torino. Aveva la forma di una “T” o di una “L” e, nella scrittura geroglifica, esprimeva il concetto di “ora”.

     In Grecia Anassimandro calcola il primo orologio solare intorno al 500 a.C. L’ottagonale Torre dei Venti di Atene, costruita nel II sec. a. C., presentava meridiane sulle quattro facce rivolte verso il sole, che si illuminavano con il passare delle ore dall’alba al tramonto.

     Le immense piramidi precolombiane, gli ” ziggurat ” mesopotamici, i giardini astronomici di Sawai Jai Singh a Jaipur sono tutte espressioni monumentali dell’arte gnomonica.

Ma anche l’Europa è costellata di monumenti megalitici: i menhir, pietre erette in verticale; i dolmen, che sorreggono un architrave; i cromlech celtici, costituiti da menir, dolmen e fossati. Il più noto di tali monumenti è il complesso di Stonehenge, nei pressi di Salisbury in Inghilterra, con la funzione primaria, ma non esclusiva, di determinare solstizi ed equinozi.

     I Romani importarono dal Vicino Oriente l’arte gnomonica, di cui scrisse per primo Vitruvio Pollione (I sec. a. C.) in De Architectura , mentre Ottaviano Augusto fece realizzare un quadrante solare orizzontale in Campo Marzio, utilizzando come gnomone un obelisco egizio che, alla fine del 1700, papa Pio VI fece spostare nell’attuale piazza Montecitorio.

     Un repertorio di orologi solari di probabile origine romana nell’articolo di Nicola Severino alla pagina “Nuovi quadranti solari di epoca romana”

     Durante il Medioevo l’arte della gnomonica decadde ad eccezione delle comunità ­onastiche, dove gli orologi solari scandivano il tempo dedicato alle diverse attività ¤ei monaci: la loro giornata era divisa nelle otto parti diurne e notturne, in cui si recitano le preghiere previste dalla regola, o “canone”; tali ore sono quindi dette ore canoniche .

      Per secoli non furono più utilizzati quadranti solari per uso civile, che gradualmente tornarono ad imporsi verso la fine del Cinquecento: in quel tempo a Parigi si era affermata la corporazione dei cadraniers , la cui sede si trovava nella rue du Cherche-midi , che ancora oggi ne tramanda la memoria.

     Come si è detto, la prima unità di misura del tempo fu il giorno, nella sua alternanza di luce e buio, con una suddivisione delle ore diurne in “ora prima”, al levar del sole; “ora terza” a metà ­mattina, “ora sesta” a mezzogiorno, “ora nona” a metà pomeriggio e “ora dodicesima” al tramonto. Come si sa, Gesù morì all’ora nona, ossia verso le tre del pomeriggio, in prossimità dell’equinozio. Questa suddivisione è nota come “ore giudaiche”, anche dette “antiche” o “temporali”. Dalle ore giudaiche sono derivate le ore canoniche.

     Un esempio di ore giudaiche si trova in una delle meridiane del convento di San Domenico a Taggia. Il sistema rimane in uso, oggi, solo nel convento ortodosso di Monte Athos, nella Penisola Calcidica.

     Si trattava dunque di una suddivisione solare, quindi variabile, che non si accordava con altri strumenti di misura, per esempio le clessidre, che producevano intervalli di tempo costanti. Alla fine del Medioevo si diffusero pertanto altri sistemi che si differenziavano in funzione del riferimento iniziale per il calcolo delle ore.

     Le meridiane a ore babilonesi – fondate sull’antica suddivisione del giorno in dodici parti, stabilendo l’inizio della giornata all’alba e la fine al tramonto – segnavano le ore trascorse dopo l’alba, fissata all’ora 0. Le linee orarie sono quindi numerate da 1 a 12. Se, per esempio, l’ombra tocca il numero 5, significa che il sole è ³orto da cinque ore.

     Nell’Italia medievale il nuovo giorno, suddiviso in 24 ore uguali di 60 minuti, iniziava invece con il tramonto, secondo la tradizione biblica. Le meridiane a ore italiche indicano quindi le ore che mancano al tramonto: posto all’ora ventiquattresima il tramonto del sole, se l’ombra tocca, per esempio, il numero 18, significa che mancano sei ore al tramonto. Era un sistema di prevalente utilità ²urale, ideale per scandire il lavoro nei campi.

     In Piemonte (cfr. Lucio Maria Morra – Davide Dutto, Segnali di tempo / meridiane in provincia di Cuneo, Cuneo 2002) tale sistema fu adottato ininterrottamente fino al 1802, salvo alcune aree di influenza transalpina.

     Una variante delle italiche sono le ore ad usum campanae o “da campanile”, entrate in uso in Italia durante il Seicento; la differenza sta nel fatto che la 24a ora non cade al tramonto bensì dopo circa mezzora, quando termina il crepuscolo, così da farla coincidere con l’ora dell’Ave Maria, annunciata dal suono delle campane, che segnava la fine della giornata lavorativa e richiamava i fedeli alla preghiera serale.

     Con l’occupazione francese si impose l’uso – che rimase poi prevalente – dei quadranti a ore francesi (o europee o astronomiche), dove le linee orarie hanno come riferimento la mezzanotte e l’ombra segna quindi le ore trascorse da quel momento. Se  il quadrante è orientato a sud, le linee orarie sono convergenti in alto, verso il centro del quadrante, e il numero 12 indica il mezzogiorno locale.

     Suddivisa idealmente la superficie terrestre in 360 meridiani, ciascuno di questi sistemi era legato al tempo locale, riferito alla longitudine del luogo: ogni paese aveva la sua ora e la lentezza dei mezzi di trasporto non consentiva di apprezzare le differenze di ora tra un luogo a l’altro. Con la diffusione del treno e del telegrafo si impose l’uniformazione legale dell’ora all’interno di una nazione, riferita al meridiano passante per l’Osservatorio astronomico del Paese, oppure riferita a meridiani strategici che variarono nel tempo: l’Italia adottò nel 1866, l’ora di Roma, calcolata sul meridiano di Monte Mario.

     Nel 1881, al congresso geografico internazionale, fu avanzata la proposta di adottare il meridiano e il tempo medio di Greenwich. Nel 1884, al Congresso geografico internazionale di Washington, la proposta ottenne l’assenso di quasi tutte le Nazioni presenti, e venne definitivamente ratificata nel 1912, alla Prima Conferenza Internazionale dell’Ora. Nel 1893 l’Italia aveva intanto adottato definitivamente  l’ora media del fuso dell’Europa Centrale, il primo a est di Greenwich, passante per l’Etna. Nel 1916 fu introdotto lo sfasamento estivo e invernale dell’orario legale.

     Un orologio solare si compone di tre elementi essenziali: il quadrante propriamente detto, su cui cadono i raggi del sole. Lo gnomone, che comprende uno stilo e un nodo: lo stilo si dice “ortostilo” o “falso stilo”, se è perpendicolare alla parete, utilizzato di norma fino a tutto il Settecento; si dice invece “polare” se è parallelo all’asse terrestre, tipico della tradizione francese e quindi invalso nell’uso italiano dopo il 1800. Il centro della meridiana è il punto in cui lo stilo è infisso nella parete. L’estremità opposta si dice “nodo” o “indice gnomonico”.

     Lo gnomone ad asta – retta o serpentiforme – è µn generatore di ombra, mentre lo gnomone a “piastra forata” – spesso in forma di sole a raggi – o “a camera oscura”, convoglia un raggio di luce.

     Il terzo elemento è costituito dalle demarcazioni, ossia le proiezioni delle orbite celesti, che forniscono informazioni astronomiche, geografiche e cronometriche.

     Una demarcazione importante per la costruzione stessa del quadrante è la linea meridiana verticale, che generalmente ha la forma di una freccia rossa a piombo, rivolta verso il basso e contrassegnata da una “M”: indica la culminazione del sole a sud di quella specifica località, e anche il mezzogiorno vero, ossia l’ora intermedia tra le ore di sole appena trascorse dal sorgere del sole e quelle che devono ancora passare fino al tramonto: era tanto importante la sua funzione che per estensione il suo nome passò a designare popolarmente tutti i quadranti solari.

     La linea equinoziale, proiezione dell’equatore celeste, è la semiretta che interseca le linee orarie, percorsa dall’ombra dello stilo nei due giorni dell’equinozio, il 21 marzo e il 23 settembre. Spesso è accompagnata dai segni zodiacali dell’Ariete e della Bilancia.
– Se è orizzontale, significa che la meridiana è esposta esattamente a Sud.
– Se è rivolta a sinistra, significa che la meridiana è esposta a Ovest.
– Viceversa, se è rivolta a destra, significa che la meridiana è esposta a Est.

     Le linee diurne dei solstizi sono linee curve: l’iperbole superiore, proiezione del tropico del capricorno , è percorsa dall’ombra quando il sole è nel suo punto più basso sull’orizzonte, intorno al 21 dicembre (solstizio d’inverno).

     Quando è percorsa dall’ombra l’iperbole inferiore, proiezione del tropico del cancro , significa che il sole è nel suo punto più alto sull’orizzonte, intorno al 21 giugno (solstizio d’estate).

     Altre iperboli concave o convesse indicano la posizione del sole nei diversi mesi dell’anno, a volte unite ai corrispondenti segni zodiacali.

     A volte è presente, in alto, una linea orizzontale che indica l’orizzonte, ossia la posizione più bassa del sole all’alba e al tramonto.

     Altra indicazione frequente è la costante locale, che corrisponde alla differenza di tempo, in anticipo o in ritardo, fra il passaggio del sole al meridiano dell’Etna (a 15ì longitudine Est da Greenwich, sul quale sono regolati i nostri orologi), e il passaggio del sole al meridiano del luogo dove si trova il quadrante solare. Poiché la terra ruota su se stessa da ovest verso est, la costante locale è positiva se la località si trova a Ovest del meridiano dell’Etna, ed è negativa se la località si trova ad Est. Poiché il grado d’arco corrisponde a 4′ di tempo, sarà sufficiente trasformare in minuti e secondi la differenza risultante tra la longitudine del luogo e quella del meridiano dell’Etna per ottenere la costante locale.

     Il tempo indicato dagli orologi solari è il “tempo vero” definito dalla rotazione terrestre, che non è costante; quindi, rispetto agli orologi meccanici a “tempo medio”, costante per convenzione, gli orologi solari accumulano ritardi e anticipi periodici. Come spiega L. M. Morra nel suo libro, “tali incrementi e decrementi sono espressi da una funzione detta “equazione del tempo”, che si annulla quattro giorni all’anno, il 16 aprile, il 14 giugno, il 2 settembre e il 25 dicembre. Ciò significa che se durante l’anno segnassimo ogni giorno, alla stessa ora del nostro orologio da polso, la posizione di un’ombra, essa ovviamente si allungherebbe e si accorcerebbe con le stagioni, ma non lungo una linea retta: genererebbe una linea curva a forma di “8”, chiamata lemniscata “: è possibile trovarla o soltanto in corrispondenza delle ore 12 o addirittura una per ogni ora; tale espediente grafico permette di leggere l’ ora media direttamente dagli orologi solari”.

     Spesso i campanili erano provvisti di orologio ma, poiché i meccanismi antichi erano imprecisi, sulla torre campanaria si costruiva anche una meridiana, per controllare l’esattezza dell’orologio.

Meridiane a camera oscura

    Si trovano all’interno di chiese o conventi, luoghi di grandi dimensioni, dove i religiosi potevano dedicarsi allo studio di fenomeni astronomici, oppure verificare l’esatto funzionamento degli orologi meccanici posti sulla chiesa.

     In queste meridiane la luce del sole non colpisce uno stilo, bensì filtra attraverso un foro praticato su una parete, su una vetrata o su una volta, e si proietta sul pavimento, dove è tracciata una linea retta, orientata per nord-sud, corrispondente alla linea del meridiano locale.

     Il raggio di luce entra e scorre di mese in mese per tutta la sua lunghezza: nei solstizi d’estate e d’inverno toccherà  l’una o l’altra estremità ¤ella linea, mentre agli equinozi si troverà esattamente a metà.

     Esempi di meridiane a camera oscura si trovano nella chiesa di San Petronio a Bologna, nel duomo di Acireale, nella basilica di San Leonardo, vicino Foggia, nella chiesa di S. Maria degli Angeli a Roma.

     Secondo Lucio Maria Morra, circa il 70% dei quadranti risale al periodo barocco, quando esisteva una folta schiera di gnomonisti che appartenevano alla corporazione degli orologiai . In Piemonte si ha notizia di un solo quadrante orizzontale anteriore al Seicento, datato MDXCVII e di provenienza incerta perché fu rimosso dalla sua sede originale e oggi, restaurato dalla Solaria Opere di Fabio Garnero, è esposto a Saluzzo nel Museo di Casa Cavassa. I quadranti ottocenteschi sono circa il 25% mentre quelli del Novecento sono un numero irrilevante. Le realizzazioni recenti sono invece in costante aumento.

     Per quanto riguarda la distribuzione sul territorio, i quadranti esistenti non sono indicativi della produzione effettiva a causa delle mutilazioni inferte al patrimonio gnomonico originale (si pensi alla pratica di coprire con intonaco le meridiane affrescate sulle case in occasione di rifacimenti murari, per non affrontare i costi di un restauro); né risulta l’esistenza di un inventario ministeriale che consenta la tutela da parte degli organi preposti alla conservazione del patrimonio artistico nazionale. Sono pertanto in corso censimenti a cura di Amministrazioni locali, enti e associazioni specialistiche, come pure di operatori del settore come, per citarne uno tra tutti, la Solaria Opere, che ha al momento censito oltre 2000 quadranti solari nella sola provincia di Cuneo. Di norma i quadranti venivano realizzati nelle aree più ricche rispetto alla realtà economica del tempo (strettamente legata all’agricoltura), quando occorreva organizzare i ritmi di lavoro. Nelle aree montane la presenza di quadranti si infittiva nelle valli di maggior transito. Per esempio in Val Varaita, al confine con la Francia,  nella sola pertinenza comunale di Bellino esistono 32 quadranti recentemente censiti e restaurati, datati tra il 1735 e il 1934, oltre ad altri irrecuperabili o difficilmente accessibili.  

Meridiane: le tecniche, a cura di Linda Perina e Renzo Zanoni, Giunti editore 2003, su licenza di Demetra s.r.l.

     “I modi di lettura delle meridiane sono molto differenti: alcune segnano quante ore sono trascorse dal sorgere del Sole, altre indicano quanto tempo manca al suo tramonto. Nel libro si trovano le istruzioni per leggere una meridiana, le fasi della sua costruzione e, inoltre, suggerimenti per dipingerla, aneddoti, citazioni e riflessioni sul tempo.” Un libro piacevolissimo, esauriente e chiaro.

     Un manuale nitido, lineare e “semplice”: Scienza e poesia delle meridiane: una guida per leggerle e costruirle , di Renzo Morchio (Genova, ECIG, 1988).

     Dalla premessa: “L’autore non è µn astronomo né µn orologiaio né nulla di quanto sembrerebbe legittimare una persona a scrivere un libro sulle meridiane. E’ un biofisico che, andando in giro per l’Italia e per il mondo, ha avuto occasione di vedere molte meridiane antiche e moderne, belle e meno belle, su facciate di palazzi importanti o su modeste case di contadini. Se ne è incuriosito e ha cominciato a documentarsi. A poco a poco ha finito per capirne un po’ di più ¡ scoprire di essere in grado di costruirne una. La cosa sembrava non interessare nessuno se non l’autore stesso. Ma poi è risultato che la curiosità per le meridiane era più vasta di quanto non fosse dato credere. Gli amici che chiedevano informazioni diventavano sempre più numerosi e poi cominciò ad arrivare qualche lettera. Infine fu fatto notare all’autore che le meridiane potevano anche avere un contenuto didattico non indifferente. Potevano essere un’occasione per introdurre in modo divertente molte nozioni di vario tipo.

     Questo libro è dato così, modestamente, ma con la speranza di dare una risposta a una curiosità diffusa.”

      Un concetto più volte ribadito da Leonardo era: La creazione divina che si riproduce in quella artistica procede a numero, pondere et mensura non meno dello studio scientifico delle cose naturali.

     Il numero interpreta e simboleggia l’ordine che presiede tutte le cose e a esso occorre rifarsi perché ogni prodotto dell’intelletto rispecchi la divina armonia del cosmo. Questo pensiero si adatta altrettanto bene all’insieme di scienza, cultura e arte che costituisce la lunga storia delle meridiane, siano esse solari, lunari o astronomiche. […]

     L’uomo non poteva evitare, contemplando il cielo, di attribuire al Sole una preminente importanza, quale astro diurno reggente e regolante il multiforme scenario fenomenologico della natura. […]

     Scoprirne i segreti, sfruttarne le grandissime risorse energetiche, sono argomenti di studio attualissimi […] ma è indubbiamente utile pensare al Sole anche nella sua veste più genuina, familiare: simbolo della vita, generatore e fecondatore: immagini poetiche che collegano l’importanza di questo astro alla nascita e allo sviluppo della civiltà contadina.

     Dall’ Introduzione di Le meridiane: storia funzionamento costruzione di un orologio solare, di Gian Carlo Pavanello e Aldo Trinchero (Milano, De Vecchi Editore, 1996):

    “L’antica scienza gnomonica è sicuramente, per i suoi rapporti con la matematica, la fisica, la geometria, l’astronomia, troppo complessa […] per un pubblico non particolarmente preparato in queste discipline.

     Il calcolo del tempo e l’osservazione astronomica nell’aspetto storico, scientifico e ornamentale hanno avuto rappresentazioni in forme, talvolta, anche artistiche, tali da costituire un piccolo patrimonio di ricchezze antiche, non meritevoli di tanto oblio e trascuratezza.

     La meridiana è rimasta per lungo tempo l’unico indispensabile aiuto, l’unico punto di riferimento per l’evoluzione meccanica di tutti i successivi tipi di orologio: dalla clessidra agli orologi a sabbia, olio, fuoco ecc. Tra tutti i metodi, questo fu sicuramente il più popolare! […]

     Alcune differenze tra l’antico e il nuovo nella misurazione del tempo si potranno scoprire leggendo questo libro […] con l’augurio che siano in molti a essere indotti a passare dalla teoria alla pratica, impegnandosi in inedite e personalizzate realizzazioni”.

Le ore e le ombre, di Gian Carlo Rigassio, Milano, Mursia, 1988

     “Poter misurare il trascorrere del tempo ha affascinato l’uomo sin dalle epoche piì lontane, In particolare, egli già oltre sei millenni or sono aveva notato come l’ombra proiettata su un piano orizzontale da uno stilo verticale (o gnomone) nel giorno del solstizio d’estate, con il sole allo zenit, fosse la piâ²¥ve dell’anno, e aveva inoltre osservato come questo fatto si verificasse esattamente a metà della giornata (“a mezzo giorno”). Da questa osservazione nacquero le meridiane e gli orologi solari, che nel volgere dei secoli divennero sempre più complessi e precisi, veri capolavori dell’arte e della scienza come quello della Torre dei Venti ad Atene, o quelli che decorano sontuosamente le facciate di tanti palazzi e tante chiese (ma non solo quelli!) in Italia e nel mondo, oppure quelli portatili, addirittura da tenersi in tasca.

     Tuttavia, gli ultimi cento anni hanno inferto colpi sempre più gravi alle meridiane. La brama dell’uomo di “possedere” il tempo in unità sempre più brevi e precise ha fatto sì che su queste “figlie del Sole” a poco a poco scendesse l’oblio, che l’ombra calasse sulle loro ombre, a tutto vantaggio dei vari orologi a pila, al quarzo, persino atomici …

     Il “museo” che queste pagine ci pongono davanti vuole restituire alla vita e alla cultura questo strumento ingenuo ed ingegnoso ad un tempo, e insieme vuole essere la testimonianza di un suggestivo passato”.

     Per chi vuole imparare proprio tutto, citiamo ancora il ponderoso esaustivo Orologi solari: trattato completo di gnomonica , di Girolamo Fantoni (Roma, Technimedia, 1988, 552 p., 388 disegni tecnici, 126 riproduzioni a colori).

 

Introduzione alle Meridiane

Limone Piemonte (CN)
Casa canonica
Quadrante affrescato nel 1985 con le ore del fuso orario dell’Etna

 

     Il sorgere e il tramontare del sole indica vano all’uomo primitivo solo l’avvicendarsi delgiorno e della notte. Poi qualcuno osservò il gioco delle lunghe ombre che, al sorgere, spostandosi lentamente diventavano sempre più corte fino al culminare del sole a mezzogiorno, e poi tornavano ad allungarsi sino al tramonto. Questo fenomeno suggerì ¡ qualcun altro di misurare il trascorrere del tempo con un rozzo bastone infisso nel terreno che, proiettando un’ombra, dette origine al primo rudimentale orologio solare.   

      Probabilmente apparso per la prima volta in Cina verso il 2670 a. C., lo strumento fu perfezionato dai Babilonesi e dagli Egizi: gli obelischi servivano infatti a calcolare il passare del tempo mediante l’ombra proiettata dal sole su una linea di riferimento determinata sul terreno.

     Egizio è il più antico orologio solare noto, il “merkhet” del XV sec. a. C., di cui un frammento è conservato presso il Museo Egizio di Torino. Aveva la forma di una “T” o di una “L” e, nella scrittura geroglifica, esprimeva il concetto di “ora”.

     In Grecia Anassimandro calcola il primo orologio solare intorno al 500 a.C. L’ottagonale Torre dei Venti di Atene, costruita nel II sec. a. C., presentava meridiane sulle quattro facce rivolte verso il sole, che si illuminavano con il passare delle ore dall’alba al tramonto.

     Le immense piramidi precolombiane, gli ” ziggurat ” mesopotamici, i giardini astronomici di Sawai Jai Singh a Jaipur sono tutte espressioni monumentali dell’arte gnomonica.

Ma anche l’Europa è costellata di monumenti megalitici: i menhir, pietre erette in verticale; i dolmen, che sorreggono un architrave; i cromlech celtici, costituiti da menir, dolmen e fossati. Il più noto di tali monumenti è il complesso di Stonehenge, nei pressi di Salisbury in Inghilterra, con la funzione primaria, ma non esclusiva, di determinare solstizi ed equinozi.

     I Romani importarono dal Vicino Oriente l’arte gnomonica, di cui scrisse per primo Vitruvio Pollione (I sec. a. C.) in De Architectura , mentre Ottaviano Augusto fece realizzare un quadrante solare orizzontale in Campo Marzio, utilizzando come gnomone un obelisco egizio che, alla fine del 1700, papa Pio VI fece spostare nell’attuale piazza Montecitorio.

     Un repertorio di orologi solari di probabile origine romana nell’articolo di Nicola Severino alla pagina “Nuovi quadranti solari di epoca romana”

     Durante il Medioevo l’arte della gnomonica decadde ad eccezione delle comunità ­onastiche, dove gli orologi solari scandivano il tempo dedicato alle diverse attività ¤ei monaci: la loro giornata era divisa nelle otto parti diurne e notturne, in cui si recitano le preghiere previste dalla regola, o “canone”; tali ore sono quindi dette ore canoniche .

      Per secoli non furono più utilizzati quadranti solari per uso civile, che gradualmente tornarono ad imporsi verso la fine del Cinquecento: in quel tempo a Parigi si era affermata la corporazione dei cadraniers , la cui sede si trovava nella rue du Cherche-midi , che ancora oggi ne tramanda la memoria.

     Come si è detto, la prima unità di misura del tempo fu il giorno, nella sua alternanza di luce e buio, con una suddivisione delle ore diurne in “ora prima”, al levar del sole; “ora terza” a metà ­mattina, “ora sesta” a mezzogiorno, “ora nona” a metà pomeriggio e “ora dodicesima” al tramonto. Come si sa, Gesù morì all’ora nona, ossia verso le tre del pomeriggio, in prossimità dell’equinozio. Questa suddivisione è nota come “ore giudaiche”, anche dette “antiche” o “temporali”. Dalle ore giudaiche sono derivate le ore canoniche.

     Un esempio di ore giudaiche si trova in una delle meridiane del convento di San Domenico a Taggia. Il sistema rimane in uso, oggi, solo nel convento ortodosso di Monte Athos, nella Penisola Calcidica.

     Si trattava dunque di una suddivisione solare, quindi variabile, che non si accordava con altri strumenti di misura, per esempio le clessidre, che producevano intervalli di tempo costanti. Alla fine del Medioevo si diffusero pertanto altri sistemi che si differenziavano in funzione del riferimento iniziale per il calcolo delle ore.

     Le meridiane a ore babilonesi – fondate sull’antica suddivisione del giorno in dodici parti, stabilendo l’inizio della giornata all’alba e la fine al tramonto – segnavano le ore trascorse dopo l’alba, fissata all’ora 0. Le linee orarie sono quindi numerate da 1 a 12. Se, per esempio, l’ombra tocca il numero 5, significa che il sole è ³orto da cinque ore.

     Nell’Italia medievale il nuovo giorno, suddiviso in 24 ore uguali di 60 minuti, iniziava invece con il tramonto, secondo la tradizione biblica. Le meridiane a ore italiche indicano quindi le ore che mancano al tramonto: posto all’ora ventiquattresima il tramonto del sole, se l’ombra tocca, per esempio, il numero 18, significa che mancano sei ore al tramonto. Era un sistema di prevalente utilità ²urale, ideale per scandire il lavoro nei campi.

     In Piemonte (cfr. Lucio Maria Morra – Davide Dutto, Segnali di tempo / meridiane in provincia di Cuneo, Cuneo 2002) tale sistema fu adottato ininterrottamente fino al 1802, salvo alcune aree di influenza transalpina.

     Una variante delle italiche sono le ore ad usum campanae o “da campanile”, entrate in uso in Italia durante il Seicento; la differenza sta nel fatto che la 24a ora non cade al tramonto bensì dopo circa mezzora, quando termina il crepuscolo, così da farla coincidere con l’ora dell’Ave Maria, annunciata dal suono delle campane, che segnava la fine della giornata lavorativa e richiamava i fedeli alla preghiera serale.

     Con l’occupazione francese si impose l’uso – che rimase poi prevalente – dei quadranti a ore francesi (o europee o astronomiche), dove le linee orarie hanno come riferimento la mezzanotte e l’ombra segna quindi le ore trascorse da quel momento. Se  il quadrante è orientato a sud, le linee orarie sono convergenti in alto, verso il centro del quadrante, e il numero 12 indica il mezzogiorno locale.

     Suddivisa idealmente la superficie terrestre in 360 meridiani, ciascuno di questi sistemi era legato al tempo locale, riferito alla longitudine del luogo: ogni paese aveva la sua ora e la lentezza dei mezzi di trasporto non consentiva di apprezzare le differenze di ora tra un luogo a l’altro. Con la diffusione del treno e del telegrafo si impose l’uniformazione legale dell’ora all’interno di una nazione, riferita al meridiano passante per l’Osservatorio astronomico del Paese, oppure riferita a meridiani strategici che variarono nel tempo: l’Italia adottò nel 1866, l’ora di Roma, calcolata sul meridiano di Monte Mario.

     Nel 1881, al congresso geografico internazionale, fu avanzata la proposta di adottare il meridiano e il tempo medio di Greenwich. Nel 1884, al Congresso geografico internazionale di Washington, la proposta ottenne l’assenso di quasi tutte le Nazioni presenti, e venne definitivamente ratificata nel 1912, alla Prima Conferenza Internazionale dell’Ora. Nel 1893 l’Italia aveva intanto adottato definitivamente  l’ora media del fuso dell’Europa Centrale, il primo a est di Greenwich, passante per l’Etna. Nel 1916 fu introdotto lo sfasamento estivo e invernale dell’orario legale.

     Un orologio solare si compone di tre elementi essenziali: il quadrante propriamente detto, su cui cadono i raggi del sole. Lo gnomone, che comprende uno stilo e un nodo: lo stilo si dice “ortostilo” o “falso stilo”, se è perpendicolare alla parete, utilizzato di norma fino a tutto il Settecento; si dice invece “polare” se è parallelo all’asse terrestre, tipico della tradizione francese e quindi invalso nell’uso italiano dopo il 1800. Il centro della meridiana è il punto in cui lo stilo è infisso nella parete. L’estremità opposta si dice “nodo” o “indice gnomonico”.

     Lo gnomone ad asta – retta o serpentiforme – è µn generatore di ombra, mentre lo gnomone a “piastra forata” – spesso in forma di sole a raggi – o “a camera oscura”, convoglia un raggio di luce.

     Il terzo elemento è costituito dalle demarcazioni, ossia le proiezioni delle orbite celesti, che forniscono informazioni astronomiche, geografiche e cronometriche.

     Una demarcazione importante per la costruzione stessa del quadrante è la linea meridiana verticale, che generalmente ha la forma di una freccia rossa a piombo, rivolta verso il basso e contrassegnata da una “M”: indica la culminazione del sole a sud di quella specifica località, e anche il mezzogiorno vero, ossia l’ora intermedia tra le ore di sole appena trascorse dal sorgere del sole e quelle che devono ancora passare fino al tramonto: era tanto importante la sua funzione che per estensione il suo nome passò a designare popolarmente tutti i quadranti solari.

     La linea equinoziale, proiezione dell’equatore celeste, è la semiretta che interseca le linee orarie, percorsa dall’ombra dello stilo nei due giorni dell’equinozio, il 21 marzo e il 23 settembre. Spesso è accompagnata dai segni zodiacali dell’Ariete e della Bilancia.
– Se è orizzontale, significa che la meridiana è esposta esattamente a Sud.
– Se è rivolta a sinistra, significa che la meridiana è esposta a Ovest.
– Viceversa, se è rivolta a destra, significa che la meridiana è esposta a Est.

     Le linee diurne dei solstizi sono linee curve: l’iperbole superiore, proiezione del tropico del capricorno , è percorsa dall’ombra quando il sole è nel suo punto più basso sull’orizzonte, intorno al 21 dicembre (solstizio d’inverno).

     Quando è percorsa dall’ombra l’iperbole inferiore, proiezione del tropico del cancro , significa che il sole è nel suo punto più alto sull’orizzonte, intorno al 21 giugno (solstizio d’estate).

     Altre iperboli concave o convesse indicano la posizione del sole nei diversi mesi dell’anno, a volte unite ai corrispondenti segni zodiacali.

     A volte è presente, in alto, una linea orizzontale che indica l’orizzonte, ossia la posizione più bassa del sole all’alba e al tramonto.

     Altra indicazione frequente è la costante locale, che corrisponde alla differenza di tempo, in anticipo o in ritardo, fra il passaggio del sole al meridiano dell’Etna (a 15ì longitudine Est da Greenwich, sul quale sono regolati i nostri orologi), e il passaggio del sole al meridiano del luogo dove si trova il quadrante solare. Poiché la terra ruota su se stessa da ovest verso est, la costante locale è positiva se la località si trova a Ovest del meridiano dell’Etna, ed è negativa se la località si trova ad Est. Poiché il grado d’arco corrisponde a 4′ di tempo, sarà sufficiente trasformare in minuti e secondi la differenza risultante tra la longitudine del luogo e quella del meridiano dell’Etna per ottenere la costante locale.

     Il tempo indicato dagli orologi solari è il “tempo vero” definito dalla rotazione terrestre, che non è costante; quindi, rispetto agli orologi meccanici a “tempo medio”, costante per convenzione, gli orologi solari accumulano ritardi e anticipi periodici. Come spiega L. M. Morra nel suo libro, “tali incrementi e decrementi sono espressi da una funzione detta “equazione del tempo”, che si annulla quattro giorni all’anno, il 16 aprile, il 14 giugno, il 2 settembre e il 25 dicembre. Ciò significa che se durante l’anno segnassimo ogni giorno, alla stessa ora del nostro orologio da polso, la posizione di un’ombra, essa ovviamente si allungherebbe e si accorcerebbe con le stagioni, ma non lungo una linea retta: genererebbe una linea curva a forma di “8”, chiamata lemniscata “: è possibile trovarla o soltanto in corrispondenza delle ore 12 o addirittura una per ogni ora; tale espediente grafico permette di leggere l’ ora media direttamente dagli orologi solari”.

     Spesso i campanili erano provvisti di orologio ma, poiché i meccanismi antichi erano imprecisi, sulla torre campanaria si costruiva anche una meridiana, per controllare l’esattezza dell’orologio.

Meridiane a camera oscura

    Si trovano all’interno di chiese o conventi, luoghi di grandi dimensioni, dove i religiosi potevano dedicarsi allo studio di fenomeni astronomici, oppure verificare l’esatto funzionamento degli orologi meccanici posti sulla chiesa.

     In queste meridiane la luce del sole non colpisce uno stilo, bensì filtra attraverso un foro praticato su una parete, su una vetrata o su una volta, e si proietta sul pavimento, dove è tracciata una linea retta, orientata per nord-sud, corrispondente alla linea del meridiano locale.

     Il raggio di luce entra e scorre di mese in mese per tutta la sua lunghezza: nei solstizi d’estate e d’inverno toccherà  l’una o l’altra estremità ¤ella linea, mentre agli equinozi si troverà esattamente a metà.

     Esempi di meridiane a camera oscura si trovano nella chiesa di San Petronio a Bologna, nel duomo di Acireale, nella basilica di San Leonardo, vicino Foggia, nella chiesa di S. Maria degli Angeli a Roma.

     Secondo Lucio Maria Morra, circa il 70% dei quadranti risale al periodo barocco, quando esisteva una folta schiera di gnomonisti che appartenevano alla corporazione degli orologiai . In Piemonte si ha notizia di un solo quadrante orizzontale anteriore al Seicento, datato MDXCVII e di provenienza incerta perché fu rimosso dalla sua sede originale e oggi, restaurato dalla Solaria Opere di Fabio Garnero, è esposto a Saluzzo nel Museo di Casa Cavassa. I quadranti ottocenteschi sono circa il 25% mentre quelli del Novecento sono un numero irrilevante. Le realizzazioni recenti sono invece in costante aumento.

     Per quanto riguarda la distribuzione sul territorio, i quadranti esistenti non sono indicativi della produzione effettiva a causa delle mutilazioni inferte al patrimonio gnomonico originale (si pensi alla pratica di coprire con intonaco le meridiane affrescate sulle case in occasione di rifacimenti murari, per non affrontare i costi di un restauro); né risulta l’esistenza di un inventario ministeriale che consenta la tutela da parte degli organi preposti alla conservazione del patrimonio artistico nazionale. Sono pertanto in corso censimenti a cura di Amministrazioni locali, enti e associazioni specialistiche, come pure di operatori del settore come, per citarne uno tra tutti, la Solaria Opere, che ha al momento censito oltre 2000 quadranti solari nella sola provincia di Cuneo. Di norma i quadranti venivano realizzati nelle aree più ricche rispetto alla realtà economica del tempo (strettamente legata all’agricoltura), quando occorreva organizzare i ritmi di lavoro. Nelle aree montane la presenza di quadranti si infittiva nelle valli di maggior transito. Per esempio in Val Varaita, al confine con la Francia,  nella sola pertinenza comunale di Bellino esistono 32 quadranti recentemente censiti e restaurati, datati tra il 1735 e il 1934, oltre ad altri irrecuperabili o difficilmente accessibili.  

Meridiane: le tecniche, a cura di Linda Perina e Renzo Zanoni, Giunti editore 2003, su licenza di Demetra s.r.l.

     “I modi di lettura delle meridiane sono molto differenti: alcune segnano quante ore sono trascorse dal sorgere del Sole, altre indicano quanto tempo manca al suo tramonto. Nel libro si trovano le istruzioni per leggere una meridiana, le fasi della sua costruzione e, inoltre, suggerimenti per dipingerla, aneddoti, citazioni e riflessioni sul tempo.” Un libro piacevolissimo, esauriente e chiaro.

     Un manuale nitido, lineare e “semplice”: Scienza e poesia delle meridiane: una guida per leggerle e costruirle , di Renzo Morchio (Genova, ECIG, 1988).

     Dalla premessa: “L’autore non è µn astronomo né µn orologiaio né nulla di quanto sembrerebbe legittimare una persona a scrivere un libro sulle meridiane. E’ un biofisico che, andando in giro per l’Italia e per il mondo, ha avuto occasione di vedere molte meridiane antiche e moderne, belle e meno belle, su facciate di palazzi importanti o su modeste case di contadini. Se ne è incuriosito e ha cominciato a documentarsi. A poco a poco ha finito per capirne un po’ di più ¡ scoprire di essere in grado di costruirne una. La cosa sembrava non interessare nessuno se non l’autore stesso. Ma poi è risultato che la curiosità per le meridiane era più vasta di quanto non fosse dato credere. Gli amici che chiedevano informazioni diventavano sempre più numerosi e poi cominciò ad arrivare qualche lettera. Infine fu fatto notare all’autore che le meridiane potevano anche avere un contenuto didattico non indifferente. Potevano essere un’occasione per introdurre in modo divertente molte nozioni di vario tipo.

     Questo libro è dato così, modestamente, ma con la speranza di dare una risposta a una curiosità diffusa.”

      Un concetto più volte ribadito da Leonardo era: La creazione divina che si riproduce in quella artistica procede a numero, pondere et mensura non meno dello studio scientifico delle cose naturali.

     Il numero interpreta e simboleggia l’ordine che presiede tutte le cose e a esso occorre rifarsi perché ogni prodotto dell’intelletto rispecchi la divina armonia del cosmo. Questo pensiero si adatta altrettanto bene all’insieme di scienza, cultura e arte che costituisce la lunga storia delle meridiane, siano esse solari, lunari o astronomiche. […]

     L’uomo non poteva evitare, contemplando il cielo, di attribuire al Sole una preminente importanza, quale astro diurno reggente e regolante il multiforme scenario fenomenologico della natura. […]

     Scoprirne i segreti, sfruttarne le grandissime risorse energetiche, sono argomenti di studio attualissimi […] ma è indubbiamente utile pensare al Sole anche nella sua veste più genuina, familiare: simbolo della vita, generatore e fecondatore: immagini poetiche che collegano l’importanza di questo astro alla nascita e allo sviluppo della civiltà contadina.

     Dall’ Introduzione di Le meridiane: storia funzionamento costruzione di un orologio solare, di Gian Carlo Pavanello e Aldo Trinchero (Milano, De Vecchi Editore, 1996):

    “L’antica scienza gnomonica è sicuramente, per i suoi rapporti con la matematica, la fisica, la geometria, l’astronomia, troppo complessa […] per un pubblico non particolarmente preparato in queste discipline.

     Il calcolo del tempo e l’osservazione astronomica nell’aspetto storico, scientifico e ornamentale hanno avuto rappresentazioni in forme, talvolta, anche artistiche, tali da costituire un piccolo patrimonio di ricchezze antiche, non meritevoli di tanto oblio e trascuratezza.

     La meridiana è rimasta per lungo tempo l’unico indispensabile aiuto, l’unico punto di riferimento per l’evoluzione meccanica di tutti i successivi tipi di orologio: dalla clessidra agli orologi a sabbia, olio, fuoco ecc. Tra tutti i metodi, questo fu sicuramente il più popolare! […]

     Alcune differenze tra l’antico e il nuovo nella misurazione del tempo si potranno scoprire leggendo questo libro […] con l’augurio che siano in molti a essere indotti a passare dalla teoria alla pratica, impegnandosi in inedite e personalizzate realizzazioni”.

Le ore e le ombre, di Gian Carlo Rigassio, Milano, Mursia, 1988

     “Poter misurare il trascorrere del tempo ha affascinato l’uomo sin dalle epoche piì lontane, In particolare, egli già oltre sei millenni or sono aveva notato come l’ombra proiettata su un piano orizzontale da uno stilo verticale (o gnomone) nel giorno del solstizio d’estate, con il sole allo zenit, fosse la piâ²¥ve dell’anno, e aveva inoltre osservato come questo fatto si verificasse esattamente a metà della giornata (“a mezzo giorno”). Da questa osservazione nacquero le meridiane e gli orologi solari, che nel volgere dei secoli divennero sempre più complessi e precisi, veri capolavori dell’arte e della scienza come quello della Torre dei Venti ad Atene, o quelli che decorano sontuosamente le facciate di tanti palazzi e tante chiese (ma non solo quelli!) in Italia e nel mondo, oppure quelli portatili, addirittura da tenersi in tasca.

     Tuttavia, gli ultimi cento anni hanno inferto colpi sempre più gravi alle meridiane. La brama dell’uomo di “possedere” il tempo in unità sempre più brevi e precise ha fatto sì che su queste “figlie del Sole” a poco a poco scendesse l’oblio, che l’ombra calasse sulle loro ombre, a tutto vantaggio dei vari orologi a pila, al quarzo, persino atomici …

     Il “museo” che queste pagine ci pongono davanti vuole restituire alla vita e alla cultura questo strumento ingenuo ed ingegnoso ad un tempo, e insieme vuole essere la testimonianza di un suggestivo passato”.

     Per chi vuole imparare proprio tutto, citiamo ancora il ponderoso esaustivo Orologi solari: trattato completo di gnomonica , di Girolamo Fantoni (Roma, Technimedia, 1988, 552 p., 388 disegni tecnici, 126 riproduzioni a colori).